martedì 30 ottobre 2012

ALLUCINAZIONI DI MEZZO DI' di Ferraioli Domenico

Toccherà a Vendola e Di Pietro e Radicali  restare fuori dal prossimo parlamento?

Il Potere non dimentica Il Potere punisce.

Dopo L’espulsione dal parlamento dei Comunisti è tempo che anche Di Pietro per il Potere deve restare fuori. Perché?  Non è stato molto corretto nei confronti di esso. Ma come ha votato di tutto Euro il Mes limitazioni alla sovranità nazionale ma cosa deve pagare?Deve pagare la vittoria dei Referendum sull’Acqua pubblica che impedendo almeno transitoriamente la privatizzazione ha di fatto impedito al Potere di riempirsi le botti dei soldi pubblici che dalla privatizzazione sarebbero avvenuti. Poi ha offeso il Generalissimo Giorgio N. se la prima poteva anche passare in sordina perché è solo questione di qualche annetto la seconda questa no! non era più possibile. Così come chi di spada ferisce di spada perisce (ecco i soliti intrallazzieri e mariuncielli venire pescati dal suo partitino mani pulite).Chi sa se un giorno ci dirà la verità su “mani pulite” o “Mani Finanziarie internazionali” che lo fecero diventare il Paladino del popolo ed ora associato ai suoi perseguitati. Ma! staremo a vedere a volte la anzi spesso la realtà supera la fantasia.
Vendola viene caricato a bordo del Pd tanto con i deputati contati sulle dite di una mano potrà gridare il suo disappunto per le scelte liberiste che si appresta a varare il PD oramai investito come nuovo subentrante al nano malefico alla guida servile dell’Italianeocoloniaeuropea, Vendola  è abile nel doppiogiochismo protesta per le trivellazioni ma la sua giunta regionale http://sovranitaedemocrazia.blogspot.it/2012/10/petrolio-in-mare-di-gianni-lannes-dal.html le vara. E domani ci sarà il verdetto della Corte per saper se lui dovrà lasciare la politica ancora prima di entrare in parlamento in caso di condanna. Almeno così lui ha dichiarato è c’è da credergli almeno questo. Tanto Casini non aspetta altro è non è detto che proprio la sentenza contro Vendola spiani finalmente LA SANTA ALLEANZA LIBERISTA ITALIOTA Tho! Ho dimenticato i radicali con la Bonino anche loro fuori dalla coalizione Centro progressista ( chi sa cosa vorrà dire)  ma no! Saranno imbarcati da Silvio per la riforma della giustizia. Tanto il loro mandato storico di appendice del Potere è giunto al termine Mi spiace solo che essi i radicali non siano stati tanto determinati per la legalizzazione delle droghe (care al loro amico SOROS) ma anche a me  ed in questa  mia posizione c’è quella espressione di  Mao quando parla  delle “contraddizioni in seno al popolo.”
Ferraioli Domenico

Perché l’America possa vivere, l’Europa deve morire. da tlaxcala

Perché l’America possa vivere, l’Europa deve morire
Oyate Wacinyapin aka Russell Means (1939-2012)
Tradotto da  Curzio Bettio

 http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8464

martedì 23 ottobre 2012

Loro lo sanno che il Debito Pubblico si Può Cancellare da cobraf.com

Questo mese le pubblicazioni economiche più importanti al mondo parlano della semplice e radicale soluzione del debito pubblico che qui si propone da due anni, cioè SEMPLICEMENTE DI CANCELLARLO, di farlo sparire nel bilancio della Banca Centrale (per sempre). Niente finanziarie di tasse, sacrifici, aumenti di IVA e accise, posti di blocco della GdiF, vendite di beni pubblici... una semplice MANOVRA CONTABILE CHE NON COSTA UN EURO link

giovedì 18 ottobre 2012

chi vuole Più europa i piani svelti

Vi spiego i piani di chi vuole più Europa
di Claudio Messora

Fabrizio Tringali, autore insieme a Marino Badiale di "La trappola dell'euro", con la prefazione di Alberto Bagnai, spiega perché è stata perseguita la moneta unica, in Europa, nonostante gli economisti sapessero fin dall'inizio che sarebbe stata una catastrofe.


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Buongiorno a tutti. Sono Fabrizio Tringali e sono l'autore di un libro uscito da poco sull'euro e sull'Unione Europea; il titolo del libro è “La trappola dell'Euro. Le cause, la crisi, le conseguenze e la via d'uscita”, scritto insieme a Marino Badiale che insegna matematica all'Università di Torino.

Sono molto grato a Claudio Messora per avermi dato la possibilità di raccontarvi qualcosa, rispetto alla crisi che stiamo vivendo, che spero possa esservi utile, affrontando anche qualche aspetto che magari finora non è stato del tutto affrontato. In effetti Marino Badiale ed io iniziamo a parlare della crisi e soprattutto del fatto che le cause della crisi vanno ricercate prevalentemente nell'euro già dai primi mesi del 2011, quando iniziammo a discutere di queste cose pubblicando un breve saggio all'epoca e venivamo abbastanza guardati come matti, ci dicevano che la crisi è dovuta al debito pubblico, la crisi è dovuta a Berlusconi, la crisi è dovuta alla corruzione, alla mafia, la crisi è dovuta a questo paese che non è capace di stare al pari con gli altri paesi dell'Europa migliori di noi. Ecco, tutte queste cose, che possono essere in parte vere, in parte non lo sono affatto e in parte magari sono, per così dire, delle aggravanti rispetto ad una situazione di crisi che però non è assolutamente dovuta a questo ma è dovuta appunto alla moneta unica. E questo, finalmente, devo dire che nel dibattito pubblico sta emergendo ormai, sta emergendo da tutte le parti, anche grazie al lavoro che sta facendo Claudio Messora, ma anche grazie a una persona come Alberto Bagnai, per esempio, che con un bellissimo blog ha spiegato moltissimi degli aspetti, delle criticità dell'euro, tra l'altro Alberto ha scritto anche la prefazione al libro che io e Marino abbiamo scritto. Di conseguenza ormai è abbastanza chiaro all'opinione pubblica che il primo motivo della crisi è proprio il fatto che la moneta unica ha unito delle economie molto diverse tra di loro e in questo modo le economie più forti, come è appunto quella della Germania, hanno finito per schiacciare quelle più deboli.

Una delle cose importanti, però, che non si dice ancora spesso nel dibattito pubblico è che le criticità di un'unione monetaria tra i paesi europei erano assolutamente note già trent'anni fa, non c'era nulla di ignoto. Se rispetto alla crisi, diciamo così, iniziata nel 2007 negli Stati Uniti e nel 2008 proseguita, effettivamente si può dire che era stata ben poco prevista, per quanto riguarda l'unione monetaria e l'euro la crisi era stata ampiamente prevista dagli economisti; così restituiamo anche un po' di dignità alla professione e alla scientificità della scienza economica, appunto, e delle tante persone capaci che di queste cose hanno parlato. Si iniziò a discutere di un sistema a cambi fissi in Europa già verso la fine degli anni '70, perché finito il cosiddetto regime di Breton Woods e quindi la parità dei cambi rispetto al dollaro e la convertibilità del dollaro con l'oro, in Europa si cominciò a discutere appunto di un sistema che irrigidisse i cambi. Questo per un motivo semplice: in un'economia aperta, in un'economia globalizzata, dove vi è la circolazione libera delle merci, dei capitali e dei servizi, chi ha il capitale desidera la rigidità dei cambi proprio per poter investire là dove conviene di più, senza rischiare di perdere proprio a causa della fluttuazione del cambio. Ebbene, si iniziò a discutere, si iniziò ad implementare anche un primo sistema che si chiamò “serpente monetario”, che ebbe poco successo, e poi si iniziò a parlare di un sistema più forte, più rigido: il Sistema Monetario Europeo (SME). Si iniziò a discutere quindi dell'adesione dell'Italia a questo sistema.

È interessante perché all'epoca le forze di opposizione storica, come il PCI, erano sostanzialmente in maggioranza, cioè il governo che discusse dell'adesione allo SME nel 1978 era un monocolore DC, guidato da Andreotti, con l'appoggio esterno del PCI. Quindi ci fu un ampio dibattito, rispetto alle possibilità di aderire a questo sistema, dei pro e dei contro all'adesione dell'Italia. Emersero dai dibattiti parlamentari molte cose interessanti. Ve ne cito alcune specificatamente, così ve le potete andare a cercare, perché il PCI dell'epoca cercò, come dire, di mettere dei paletti rispetto alla costruzione del sistema monetario europeo, che facessero sì che i rischi per l'Italia diminuissero sostanzialmente. Questi rischi erano appunto quelli dovuti al fatto che un paese meno competitivo come l'Italia, con un'inflazione strutturalmente più alta rispetto a quella della Germania, con un cambio fisso non avrebbe più potuto recuperare competitività, quando serviva, svalutando la moneta e quindi avrebbe dovuto inevitabilmente trasferire i necessari aggiustamenti nell'economia interna. Come? Svalutando i salari, cioè andando ad attaccare i salari, i guadagni delle persone, e facendo in questo modo contenere i consumi e quindi contenere l'inflazione. È esattamente quello che sta accadendo adesso. Si sapeva perfettamente che lì si andava a parare.

All'inizio della discussione sullo SME furono poste quindi una serie di condizioni per l'adesione dell'Italia. Queste condizioni furono anche fatte proprie dal governo DC dell'epoca. Si può leggere un interessante discorso del ministro dell'epoca, che si chiama Pandolfi, il 10 ottobre del 1978 alla Camera dei Deputati. Sostanzialmente cosa viene detto? Che la posizione dell'Italia sarà quella di chiedere di far precedere l'instaurazione della fissità dei cambi con un regime di transizione meno rigido e poi, soprattutto, di accompagnare la rigidità dei cambi con regole capaci – cito testualmente - “di stabilire, nel caso di deviazione degli andamenti di cambio, un'equilibrata distribuzione degli oneri di aggiustamento tra paesi in disavanzo esterno e paesi in avanzo”. È abbastanza chiaro, credo. Cioè, in un'unione monetaria il fatto che ci siano paesi strutturalmente in surplus, come appunto la Germania, e paesi strutturalmente in deficit, sono due aspetti entrambi di criticità; non ci sono da una parte i virtuosi e dall'altra parte i cattivi, sono delle criticità di un sistema. Quindi si chiedeva, giustamente, un sistema che distribuisse in modo equo i costi degli aggiustamenti. Badate, non è lontana dall'idea di Keynes del dopoguerra, rispetto a un sistema di cambi mondiali addirittura, cosa che non venne mai adottata e cosa che non viene adottata nemmeno in Europa. Tanto che il successivo vertice europeo del dicembre 1978, che si svolge a Bruxelles, sancisce la sconfitta della posizione italiana. Francia e soprattutto Germania non accettano meccanismi di aggiustamento automatico e condiviso degli squilibri tra l'economia e si limitano ad accordare all'Italia una banda di oscillazione più ampia rispetto a quella prevista dal sistema stesso.

Lo SME era una cosa meno rigida dell'euro. All'interno dello SME i cambi potevano fluttuare del 2,5% - che non era pochissimo – e l'Italia addirittura aveva una banda, invece, del 6%, quindi più ampia. Nonostante questo, però, la rigidità dello SME porterà poi l'Italia alla crisi del 1992, quindi alla necessità di abbandonare il sistema monetario. Inizia così ad essere chiaro già all'epoca che i paesi forti dell'Europa non vogliono assolutamente meccanismi di solidarietà e di riequilibrio delle economie perché questo consente a loro di gestire meglio la loro condizione di forza e sostanzialmente di costringere i paesi più deboli ad adeguarsi, cioè ad adeguare le loro politiche economiche. Tanto è vero che la cosiddetta virtù della Germania in realtà non è altro che la capacità della Germania stessa di mantenere bassa l'inflazione. Come? Contenendo i salari, facendo una politica non espansiva, una politica che in qualche modo deprime la domanda interna. E questo è esattamente quello che poi è avvenuto nel periodo successivo all'introduzione dell'euro. Anche questa è una cosa che finalmente possiamo sfatare. Tutti pensano che in Germania si sta molto meglio che in Italia, che tutti guadagnano più degli italiani e non è affatto vero. La forza e la competitività della Germania è stata costruita sul contenimento dei salari e la Germania, non a caso, è uno dei paesi europei meno sindacalizzati d'Europa. Negli anni successivi all'euro in Germania sono state realizzate le famose riforme, che sono quelle che stanno cercando di imporre anche qui, che sono quelle che hanno flessibilizzato ulteriormente il lavoro, che sono quelle che hanno creato i mini-job e un terzo dei lavoratori tedeschi oggi guadagna 400 euro al mese e sono quelli che hanno diminuito le garanzie a sostegno dei lavoratori e dei contratti nazionali di lavoro, e sono queste le cose che vogliono inserire anche nel nostro paese.

Perché poi si è effettivamente realizzata l'unione monetaria prima con lo SME e poi addirittura con l'euro, nonostante appunto fosse chiaro, ad un certo punto, che i paesi deboli ci perdevano? Per i paesi forti è chiaro, perché gli conveniva. Ma nei paesi deboli alla fine i ceti dirigenti hanno capito che il vincolo esterno dato dall'appartenenza all'euro, alla moneta unica, e poi anche all'Unione Europa, di fatto consentiva loro di fare quello che altrimenti non sarebbero riusciti a fare. Badate, l'introduzione della flessibilità, così come è stata fatta in Italia, fino ad arrivare oggi alla messa in discussione dei contratti nazionali di lavoro e quant'altro, non si sarebbero potuti realizzare senza che il vincolo esterno del “ce lo chiede l'Europa” costringesse sostanzialmente tutti a considerare quelle scelte come inevitabili. Bene, in realtà appunto quelle scelte inevitabili non sono e per evitarle la strada è quella dell'abbandono della moneta unica e anche dei vincoli europei.

Oggi nel dibattito pubblico si discute molto di questo, proprio perché abbiamo detto che le criticità dell'euro ormai sono assolutamente di dominio pubblico, tutti le conosco e tutti le discutono. Addirittura su L'Unità recentemente ho letto che il problema sostanzialmente è la differenza di competitività e di inflazione tra i paesi europei e la politica non espansiva della Germania. La risposta che normalmente si dà a questa problematica è il cosiddetto “più Europa”. Perché si dà questo tipo di risposta? Questo è importante capirlo e lo affrontiamo nel nostro libro citando un interessante manuale di economia, anche questo scritto negli anni '90, quindi prima dell'euro, a cavallo tra lo SME e l'euro – per ribadire quanto fosse chiaro tutto questo – che spiegava molto bene come una potenziale, all'epoca, unione monetaria europea avrebbe inevitabilmente inasprito gli squilibri tra le economie, cosa che è puntualmente avvenuta, e che l'unico modo per risolvere questo problema era appunto quello di avere dei meccanismi di aggiustamento che per essere realizzati necessitavano di una serie di cose ovvie e cioè un governo unico europeo che decidesse le politiche economiche degli Stati e fosse dotato delle risorse economiche necessarie per avviare i meccanismi di riequilibrio. È esattamente quello che stanno cercando di realizzare. Il “più Europa” non è altro che l'idea, sostanzialmente, di spogliare gli stati nazionali della loro sovranità, demandare la sovranità nelle scelte di politica economica e sociale. Quindi sono le cose di cui si sta parlando. Scelte di politica economica vuol dire la finanziaria, vuol dire i contatti di lavoro, vuol dire tutte le politiche sociali, di investimento, eccetera, demandarle integralmente all'Unione Europea e questo farebbe sì, probabilmente, che la Germania a quel punto sarebbe in grado di accettare dei meccanismi di riequilibrio. Molto probabilmente questo è vero, è una cosa che sostiene per esempio Gerhard Schroeder in Germania e che viene sostenuta da molte parti dell'opinione pubblica tedesca per un motivo abbastanza intuitivo: nel momento in cui la sovranità fosse demandata agli organismi europei è chiaro che comanda di più il paese più forte. Quindi la Germania a quel punto potrebbe facilmente riuscire a realizzare anche nei paesi esterni ad essa le stesse politiche che ha realizzato al suo interno. Una volta fatto questo, magari a quel punto potrebbe anche concedere qualcosa dal punto di vista del riequilibrio delle risorse all'interno delle economie.

Qual è il problema di tutto questo? Che chi propone uno scenario di questo tipo dice, ovviamente, che se si crea un super governo europeo che decide tutto questo, deve essere un governo democratico, naturalmente, e quindi bisogna democratizzare l'Unione Europea. Questo è un punto assolutamente fondamentale. Non esiste nessuna possibilità di democratizzare l'Unione Europea, non esiste nessuna possibilità di costruire un governo democratico europeo. Il motivo, in sintesi, è molto semplice, perché non esiste un popolo europeo. A meno che non si creda che democratizzare l'unione europea voglia dire che gli Stati nazionali eleggono un po' di parlamentari in un Parlamento europeo – cosa che avviene già, peraltro – e che poi questo Parlamento costruisce un esecutivo, un governo – cosa che oggi non avviene perché l'esecutivo è costruito direttamente dagli Stati, ma domani potrebbe avvenire – a meno che non si pensi che la democrazia sia tutto lì, è abbastanza chiaro che non c'è nessuna possibilità di democratizzare l'Unione Europea. Dalle rivoluzioni francesi in poi l'idea di democrazia rappresentativa – lasciamo stare l'idea di democrazia partecipativa, che a me piace molto di più, ma non è questa la discussione adesso – si fonda sul fatto che un qualunque governo per essere qualificato come democratico, non solo deve rispondere a un Parlamento, cosa ovvia, ma deve rispondere a un'opinione pubblica e deve rispondere alle forze sociali che i cittadini liberamente costruiscono. Ed è quello che avviene esattamente in tutti gli Stati nazionali. Ogni governo si confronta e con l'opinione pubblica e con associazioni, sindacati, gruppi di ogni tipo, quelli che i cittadini costruiscono. Tutto questo non esiste a livello europeo, esiste solo a livello nazionale perché i cittadini sono divisi, i popoli europei sono divisi tra di loro.

Per poter creare questa opinione pubblica e queste forze sociali sono necessarie almeno tre condizioni. La prima delle condizioni è una lingua comune, per motivi abbastanza evidenti. Una seconda condizione è una significativa mescolanza delle popolazioni, cioè ci deve essere un periodo in cui effettivamente in vari popoli smettono pian piano di essere tanti popoli e diventano uno, perché si capiscano hanno una lingua comune e perché effettivamente tra di loro si mescolano, e non è solo un problema della lingua, c'è il problema degli usi, delle tradizioni, delle mentalità che piano piano possono confluire verso un'unità, ma ci vuole del tempo, molto tempo perché questo avvenga. Il terzo elemento è un sistema di media, di informazione, di circolazione delle informazioni complessivo, generale e accessibile, che consenta appunto la formazione di un'opinione pubblica. È abbastanza evidente che tutto questo è presente in varie forme negli Stati nazionali ed è completamente assente a livello europeo. Di conseguenza la formazione di un governo europeo non sarebbe nulla di democratico. Cioè al sogno ipotizzato da qualcuno di una grande Europa democratica, unita e pacifica e solidale, si contrappone la dura realtà, il terribile incubo della maggiore unione politica all'interno dell'Unione Europea, che non può che trasformarsi, per questi motivi, in un super Stato con poteri semi-assoluti, perché a questo punto potrebbero decidere quasi tutto, e rispetto al quale non vi è possibilità di un confronto con le forze sociali che nascono tra i cittadini e nella società.

A questo punto ci potremmo chiedere: ma se rappresenta veramente un incubo un'Europa unita e costruita così come ho accennato prima, perché la si vuole realizzare? La risposta è che l'incubo non è per tutti. Una situazione di questo tipo rappresenterebbe un incubo per la maggioranza delle popolazioni e cioè per quanti vedrebbero, come avviene adesso, il progressivo impoverimento, la perdita delle conquiste. Ma i margini di profitto, soprattutto per chi gestisce grandi capitali, per chi gestisce le grandi industri, sicuramente si amplierebbero ulteriormente. Ricordiamoci che la fissità dei cambi, come dicevo all'inizio, è proprio figlia della globalizzazione. Uno degli elementi interessanti di quello che sta accadendo è che ogni discorso ne apre successivi. Quindi se noi capiamo i rischi della fissità dei cambi dove ci hanno portato, arriviamo al discorso della globalizzazione, proprio perché la fissità dei cambi è ciò che è desiderato da chi detiene i principali capitali, che ha bisogno di norme e di misure che consentano di aumentare il più possibile i margini di profitto. Quindi un sistema a cambi fissi che consenta di diminuire il rischio di cambio e in secondo luogo di aprire una condizione all'interno degli Stati che scatena una guerra al ribasso delle condizioni di lavoro, è esattamente quello che serve alle classi dominanti per aumentare i margini di profitto. Cioè noi oggi siamo di fronte a una condizione per cui alla FIAT devi accettare il piano Marchionne e quindi devi accettare condizioni di lavoro impensabili fino a poco tempo fa, con la minaccia che altrimenti la produzione viene spostata in Serbia. In Serbia avviene la stessa cosa, con la minaccia che altrimenti la produzione viene spostata in Cina o da qualche altra parte. Cioè con la globalizzazione c'è sempre un paese dove si può andare a produrre e a pagare di meno, ad avere meno costi e maggiori margini di profitto. Ma questo è possibile, appunto, se i capitali possono circolare liberamente e se non c'è il rischio di cambio. Sono questi due gli elementi fondamentali che appunto vengono ricercati proprio perché i più potenti in questo modo aumentano notevolmente i loro margini di profitto.

Sarebbe interessante discutere che effettivamente questo non vale per tutti. Se noi andiamo a vedere, per esempio, la condizione di piccoli o medi produttori, molto probabilmente questi pian piano si sposteranno su posizioni contrarie all'euro e in parte sta già avvenendo. In parte la stessa posizione della Lega, che in qualche modo era comunque critica, rispecchiava questo. Se andiamo a vedere all'interno di Confindustria vediamo che ci sono anime diverse, c'è un'anima più vicina a Montezemolo e a Marchionne, che è assolutamente pro euro, e l'anima che fa capo, invece, all'attuale leader di Confindustria che è più critica e che mira di più a salvaguardare anche la produzione delle realtà medie che probabilmente si troverebbero meglio in una condizione di minor libertà di circolazione di merci e capitali, perché una delle conseguenze ovvie di questa situazione è che le imprese italiane si svalutano notevolmente e vengono aggredite dall'esterno anche all'interno dell'Unione Europea e dello stesso euro, cioè dalla Germania. La Germania si sta comprando le principali imprese italiane. Qui si aprono quindi anche delle contraddizioni all'interno degli stessi ceti dominanti, delle stesse oligarchie, al vertice delle quali però abbiamo appunto coloro che assolutamente hanno tutto da guadagnare rispetto ad una condizione che per noi è effettivamente da incubo. Bisogna ammettere che sono stati bravi, perché hanno condito di ideologia la costruzione dell'Unione Europea con un'efficacia estremamente alta, notevole. Dunque chiunque di noi poi cerchi di riportare il piano della discussione e del confronto sulla razionalità e quindi sui costi e sui benefici dell'appartenenza all'euro, dell'appartenenza all'Unione Europea, si trova spesso di fronte a una barriera ideologica.

Nel libro abbiamo trattato le principali obiezioni alla proposta di uscita dall'euro e dall'Unione Europea, le abbiamo confutate e le abbiamo divise e categorizzate in due gruppi: quelle prevalentemente economiche e quelle prevalentemente politiche. Fra quelle economiche abbiamo appunto l'obiezione di chi ritiene che in caso di uscita dall'euro avremmo una ipersvalutazione, avremmo una iperinflazione, non potremmo più comprare le materie prime, diventeremmo assolutamente in capaci di sopravvivere nel mondo con la nostra “liretta”. Sappiamo innanzitutto che non esiste nessuna forma di correlazione diretta tra la svalutazione e l'inflazione, quindi è noto ed è ovvio che una volta usciti dall'euro la moneta nazionale sarà svalutata rispetto alla moneta precedente, cioè all'euro, ma per esempio Alberto Bagnai ci dice che l'entità di questa svalutazione dovrebbe più o meno essere correlata alla perdita di competitività che si è avuta rispetto alla differenza dei tassi di inflazione tra la Germania e l'Italia nel periodo dell'euro. In sintesi vuol dire che questa svalutazione dovrebbe essere intorno al 20%. Quando uscimmo dallo SME, nei periodi successivi la svalutazione fu molto maggiore, fu una svalutazione immediata del 7% e poi nel corso del tempo si arrivò a un'entità ben maggiore. L'inflazione in quel periodo di quanto aumentò? Di niente, diminuì. Si passò da un'inflazione intorno al 5% del 1992, quando uscimmo dallo SME, per arrivare negli anni successivi a un'inflazione del 4% e del 3%. Non esiste correlazione diretta tra la svalutazione e l'inflazione. Quindi presumibilmente avremo una svalutazione relativamente contenuta, che quindi non ci impedirà assolutamente di comprare le materie prime di cui avremo bisogno e probabilmente nessuna inflazione o una media inflazione.

Tra l'altro possiamo anche dire tra noi che una moderata inflazione non è affatto un dato negativo. Anche qui ci sono da sfatare dei miti. L'idea che l'inflazione sia la peggiore delle tasse perché aggredisce, è un altro esempio di forza ideologica dei ceti dominati. È chiaro che un'iperinflazione può essere distruttiva ed è altrettanto chiaro che l'aumento dei prezzi è negativo se non aumentano anche i salari. Ma il problema è la relazione tra i prezzi e i salari, cioè tra quanto costano le cose e quello che tu guadagni. Noi oggi abbiamo dei prezzi che tutto sommato non aumentano molto, in Italia aumentano più che in Germania, ma comunque l'inflazione è intorno al 3, al 4-5%, almeno quella calcolata, poi quella reale chissà. Ma se i salari non aumentano o addirittura diminuiscono, tu continuamente perdi potere di acquisto, cioè sei sempre più povero. Se hai un'inflazione del 7-8% ma il tuo salario aumenta di quel tanto o anche un po' di più, tu aumenti il tuo potere di acquisto e sei più ricco. Non solo, se tu hai un debito un po' di inflazione ti aiuta. Mio papà si è fatto un mutuo e ha pagato il mutuo, con un lavoro da operaio a Genova ha potuto comprarsi casa e pagare il mutuo nei periodi in cui l'inflazione era anche al 10% e anno dopo anno effettivamente il peso reale della sua rata diminuiva, perché il suo salario aumentava comunque in relazione all'inflazione, mentre lui continuava a pagare gli interessi rispetto alla cifra di acquisto della sua casa. Quindi anche questo sarebbe un concetto da approfondire in maggior tempo. Ma l'inflazione, entro certi limiti, svaluta i debiti. Domanda: per un paese che ha un alto debito pubblico allora un po' di inflazione sarebbe un bene o sarebbe un male? Ecco, vedete che se si riesce a discutere delle questioni in modo razionale non ideologico forse si capisce che le cose stanno in modo un po' diverso.

Torniamo alla questione dell'Unione Europea. Noi non potevamo prevedere che all'Unione Europea sarebbe stato concesso un Nobel per la pace, perché anche la nostra fantasia non arrivava a tanto, ma sapevamo che tra le motivazioni c'è sicuramente quella che l'Unione Europea ha garantito la pace e la stabilità in Europa, che è un'idea sostanzialmente ridicola, perché intanto l'altro aspetto che evidenzia la forza dell'ideologia che ci è stata propinata negli ultimi tempi è quello che l'Unione Europea viene usata come sinonimo di Europa. L'Unione Europea non è l'Europa. Noi abbiamo la pace in Europa, a parte il dettaglio della guerra in Kosovo - “dettaglio” ovviamente detto in modo ironico – c'era l'unione europea e abbiamo fatto la guerra, oltre che farla all'esterno ovunque quando gli Stati Uniti vogliono, ma all'interno dell'Europa abbiamo la pace da immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando non c'era nessuna Unione Europea. L'Unione Europea è una struttura giuridica nata per garantire la libera circolazione di merci, servizi e capitali che esiste da vent'anni. Questo è l'Unione Europea, non è altro. Non è la pace tra le nazioni. Si può rispondere che non c'era l'Unione Europea nel dopoguerra ma si cominciava a formare la CEE, si cominciavano a gettare i primi ponti di collaborazione economica tra gli Stati. Questo è sicuramente vero, ma di qui a pensare che sia questo che abbia garantito la pace ce ne passa. Soprattutto anche nei secoli precedenti spesso in Europa, tra gli Stati-Nazione ci sono stati decenni di pace. Sembra che chi sostiene che l'Unione Europea abbia garantito la pace pensa che in Europa ci siano state solo guerre fino a che non è nata l'Unione Europea. Questo è semplicemente falso, non è storicamente così. Quindi questa è un'altra motivazione del tutto falsa e ideologica.

Purtroppo però – ed è forse l'ultimo degli aspetti che vi vorrei raccontare – l'ideologia è forte e Marino Badiale ed io ci siamo resi conto che è difficile discutere di euro, di Europa, mettendo da un lato l'ideologia e discutendo in modo razionale di ciò che davvero può essere un bene per le Nazioni, per il nostro popolo e per gli altri popoli europei. Così ci siamo resi conto che anche negli ambienti dove ci sarebbe maggiore interesse ad un cambiamento della politica, un cambiamento delle politiche realizzate in questo paese, si fa fatica a mettere a fuoco il fatto che l'euro e l'Unione Europea sono un po' il primo bersaglio da colpire nel momento in cui si voglia un effettivo cambiamento. C'è chi vuole il cambiamento perché vuole abbattere il capitalismo o chi lo vuole perché vuole abbattere il sistema economico basato sulla globalizzazione, basato sulla crescita infinita. Il problema è che appunto spesso si fa fatica a mettere a fuoco che il modello economico, la crescita, il capitalismo, sono tutte astrazioni, utili, per capirci, ma poi se davvero le si vuole combattere è fondamentale combattere contro quelle istituzioni reali che sono diventate la forma reale e concreta di quell'idea astratta che anche tu, giustamente, vuoi combattere. Qui per esempio mi riferisco a chi giustamente pone la questione della crisi ecologica, per esempio, e del sistema distruttivo nel quale viviamo, distruttivo dal punto di vista ecologico e ambientale, e propone quindi di lanciare un piano di conversione ecologica dell'economia, un piano di decrescita sostanzialmente, di decrescita nel senso di diminuzione della domanda di energia e così via. Ebbene, sono tutte cose assolutamente condivisibili ma che non possono essere concretamente realizzate all'interno del sistema giuridico dell'Unione Europea e all'interno dei vincoli derivanti dall'euro, in buona parte per i motivo che ho indicato prima.

Fuori dall'Italia è un po' più chiaro questo, devo dire che un intellettuale importante del pensiero della decrescita, come Serge Latouche, dice chiaramente queste cose in uno dei suoi ultimissimi libri, “Per un'abbondanza frugale”, dice esplicitamente che per i PIGGS, cioè i paesi in crisi dell'eurozona è necessario abbandonare e per rilanciare una politica come propone lui di riconversione ecologica, di sostegno all'economia del chilometro zero, delle autoproduzioni, eccetera, bisogna assolutamente liberarsi dall'euro e dai vincoli del mercato unico dell'Unione Europea; viene detto chiaro. In Italia invece si ha la percezione che questa chiarezza ancora non ci sia nei movimenti che lottano, giustamente, per l'affermazione di una democrazia partecipata, per la difesa dei beni comuni, non c'è ancora la necessaria presa di coscienza di quanto quelle scelte contro le quali combattono, cioè le privatizzazioni piuttosto che l'oligarchizzazione della politica, dipendono anche dall'appartenenza all'euro e all'Unione Europea, proprio per i motivi che indicavo prima rispetto alla spoliazione della sovranità degli stati e alla costruzione di un governo, di un ipotetico super governo europeo assolutamente non democratico. Se si vuole la maggiore partecipazione politica e attiva dei cittadini e la loro maggiore capacità decisionale, quindi la democrazia partecipata, occorre che si possa decidere, quindi è necessario averla la sovranità, altrimenti di cosa si decide? Anche questo elemento fatica ad entrare nella discussione pubblica. Quanti cercano di difendere il lavoro, giustamente? Quanti cercano di difendere i ceti sociali più aggrediti da questa crisi e che oggi si vedono appunto perdere il lavoro oppure perdere le condizioni di lavoro? E non si sa che cosa sia peggio, perché quando andiamo a vedere che cosa è il piano Marchionne o quando andiamo a vedere che cosa vuol dire perdere le tutele dei contratti nazionali di lavoro, vuol dire che tu sei sostanzialmente sempre a disposizione dell'azienda, vuol dire che tu puoi fare una quantità infinita di straordinario, anzi devi farla e lo straordinario che devi fare ti può essere comunicato anche un giorno, due giorni prima. Vuol dire che tutta la tua vita viene assolutamente asservita a quelle che sono le esigenze della produzione.

Ecco, chi vuole combattere contro tutto questo fatica oggi, almeno sembra faticare a mettere in relazione la realizzazione di quelle scelte con i vincoli dell'appartenenza all'euro e all'Unione Europea. Nonostante tutte le critiche che noi possiamo fare all'Unione Europea, una critica che non possiamo farle è quella di fare le cose di nascosto. Ce lo dicono chiaro che cosa vogliono fare. Prima lo dicevano magari in modi più difficilmente riscopribili nei documenti ufficiali dell'Europa 2020, del cosiddetto semestre europeo, e diciamo che uno deve andare un po' a cercarseli per capirli. Oggi non è più così. Dalla lettera al governo Berlusconi in poi le imposizioni della Banca Centrale Europea sono perfettamente chiare. Basta prendere quei fogli e c'è scritto. Sono le richieste di oggi, dei giorni scorsi alla Grecia, alla Spagna, privatizzare ulteriormente, licenziare nel pubblico impiego, abbassare i salari nel privato e nel pubblico. Questo è quello che pretendono. Allora se si vuole combattere contro tutto questo non si può omettere da dove nasce la richiesta di tutte queste follie. E tutto questo nasce dall'adesione, dalla costruzione dell'euro e dall'Unione Europea.

Attenzione, continuano a dirci che l'euro è irreversibile, ma il motivo per cui continuano a dircelo – lo ha detto recentemente il Presidente della Repubblica, lo ha detto recentemente Draghi, continuano a ripeterlo in Germania, continuano a ripeterlo dappertutto – è proprio il fatto che l'euro è reversibile, altrimenti non avrebbero nessuna ragione di continuare a dirlo, ma devono far credere che tale sia. Devono far credere che tale sia, perché essendo le criticità dell'euro così note e conosciute, ed essendo noto che soprattutto per i paesi più deboli sarebbe assolutamente conveniente un'uscita dall'euro, nel momento in cui un singolo paese dovesse abbandonare la moneta unica è molto probabile che questo sancirebbe l'immediata fine della moneta unica stessa. Perché? Perché a quel punto gli altri paesi deboli rimasti all'interno della moneta verrebbero aggrediti da attacchi speculativi molto maggiori rispetto a quelli che già abbiamo visto. Il perché è molto semplice: finché si pensa che l'euro sia irreversibile allora può avere senso comprare titoli italiani, spagnoli, greci stessi, ma se ipotizziamo che la Grecia, piccolo paese, uscisse dall'euro, a quel punto diventa chiaro che l'euro non è più irreversibile, quindi può essere reversibile per tutti, quindi è molto probabile che alla fin fine anche il Portogallo, anche la Spagna, anche l'Italia, escano dall'euro, dovendo attraversare tutto un primo periodo di problematiche effettive che questo comporterà. Quindi a questo punto l'attacco speculativo rispetto a questi paesi diventerebbe fortissimo e lo stesso attacco porterebbe molto probabilmente alla fine della moneta unica. Questo è uno degli scenari possibili ed è motivo per cui sostanzialmente la Grecia non è stata fatta immediatamente uscire dall'euro. La Grecia è un paese molto piccolo, un'economia molto piccola rispetto all'eurozona, obiettivamente non c'erano motivi di non lasciarla in pace, ma le scelte che sono state fatte sono tali proprio perché non possono permettersi di fare uscire nessuno dall'euro. L'euro è un gabbia dalla quale dobbiamo cercare di liberarci.

Trascrizione di Maria Laura Borruso

Fonte: http://www.byoblu.com/post/2012/10/17/V ... uropa.aspx

lunedì 15 ottobre 2012

Monti bocciato all'esame di economia reale dal sito MOVISOL

Il prof. Monti bocciato all'esame di economia reale
14 ottobre 2012 (MoviSol) - Quando si dice che gli economisti di oggi sono incompetenti qualcuno penserà che sia solo una provocazione. Ma venerdì è stato proprio il Presidente del Consiglio Mario Monti a fugare i dubbi a proposito, nel rispondere alle domande dei giornalisti stranieri all'inaugurazione della nuova sede dell'Associazione Stampa Estera di Milano.
Quando il corrispondente dell'EIR Andrew Spannaus ha chiesto al supertecnico - che per molti anni ha ricoperto la carica di presidente della più rinomata tra le università in materie economiche in Italia, la Bocconi - se non sia necessario tornare alla separazione bancaria per garantire che la liquidità vada all'economia reale piuttosto che alle operazioni speculative, Monti ha dapprima fatto qualche giro di parole sulle regole europee e il "pragmatismo" di Mario Draghi. Poi ha concluso con questa perla di saggezza economica: "Sulla questione della separazione tra le banche commerciali e le banche d'investimento..... non l'ho particolarmente approfondita".
Dunque il massimo esperto economico, il professore che ci somministra la medicina amara di tagli, tasse e liberalizzazioni, non è in grado di pronunciarsi su uno dei temi più importanti per l'economia in questo momento; infatti cresce il dibattito sulla separazione bancaria (sul modello della Legge Glass-Steagall varata sotto il presidente Franklin Delano Roosevelt del 1933) in Europa e negli Stati Uniti, fino al punto che anche l'Unione Europea ha dovuto pronunciarsi proprio in questi giorni, con il rapporto Liikanen.
Eppure Mario Monti, che non esita ad assicurarci che gli effetti recessivi delle misure recessive fossero attesi - ma stranamente non ce l'aveva detto prima - e che queste importanti riforme ci permetteranno di riprenderci nel futuro, si rifiuta di affrontare la vera questione strutturale per il sistema finanziario mondiale: l'assoluto predominio della speculazione finanziaria nei confronti dell'economia reale. Infatti la corsa folle a immettere sempre più liquidità nel sistema, aumentando gli interventi della Banca Centrale Europea e lanciando anche nuovi strumenti come l'ESM, serve solo a rifinanziare le grosse banche e perpetuare un modello basato sul profitto puramente speculativo, dove i soldi non arrivano mai all'economia reale.
Alla popolazione è ben evidente che le imprese e le famiglie hanno forti difficoltà nell'accedere al credito, proprio nel periodo in cui serve di più. Agli esperti però, evidentemente questi dettagli importano poco, presi come sono a placare i "mercati" che devono giudicare l'azione di risanamento dei conti pubblici.
Un altro giornalista presente alla conferenza stampa ha notato che il Presidente del Consiglio si è un po' innervosito alla domanda dell'EIR. E a dire il vero è possibile che Monti conosca bene l'argomento, ma abbia semplicemente preferito non affrontarlo. In questo caso, oltre alla mancanza di comprensione dei meccanismi dell'economia reale, si aggiungerebbe la piccolezza di chi ha paura di rispondere dei propri errori.

initium sapientiae est timor mei di Alberto Bagnai

Initium sapientiae est timor mei

(titolo modificato su richiesta di Schneider, ma meglio così, almeno capite subito che io so' stronzo, e che qua ce stanno figli e figliastri. Schneider è figlio... e me fermo pe' rispetto pe' ssu madre. Io poi so' er cavajere nero, just in case, per i non appartenenti alla koiné romana, sarebbe questo qua. Ricordate anche la differenza fra il troll e il maiale: del maiale non si butta niente)


La famiglia e i contatti crescono esponenzialmente, e ho pensato allora di fare cosa utile, anche a seguito di molte vostre richieste, fornendo alcune rapide informazioni sul significato di questo blog e stabilendo alcuni semplici principi.

Questo blog nasce con intento divulgativo e sta seguendo dall'inizio un percorso didattico che ha raggiunto diverse tappe, punteggiate, purtroppo da una serie di "Quod erat demonstrandum": molti eventi che avevamo previsto come ovvia conseguenza della logica degli eventi si sono poi verificati.

Netiquette

Un principio fondamentale di netiquette (in effetti, la regola numero uno) suggerisce, quando ci si accosta a una comunità informatica, di "leggere i messaggi che vi circolano per almeno due settimane prima di inviare propri messaggi: in questo modo ci si rende conto dell'argomento e del metodo con il quale quest'ultimo viene trattato in tale comunità." Da che mondo è mondo chi non ha fatto così si è preso una bella pernacchia (ahimè) e se si è offeso è stato bandito dalla comunità. Succede. Io però desidero che la comunità cresca, e per facilitare l'integrazione dei nuovi arrivati  segnalo loro una serie di post che ritengo debbano leggere perché esprimono snodi essenziali del mio ragionamento. Non sono necessariamente i più letti (quelli che trovate elencati in fondo alla pagina): la gente ha il diritto di trovare più interessanti cose che per me lo sono di meno, e poi quella lista risente del fatto che il traffico è andato crescendo nel tempo, per cui gli ultimi post, anche quelli meno importanti, hanno avuto ovviamente più lettori. D'altra parte, anch'io ho diritto di dirvi cosa secondo me riflette meglio il mio pensiero.

I fondamentali (per capire la crisi)

Chi si accosta al blog dovrebbe (cioè deve) leggere almeno i primi due di questi articoli. Tutto il resto è facoltativo, a vostro piacimento, ma questi due (o tre) vi toccano:
  1. L'uscita dall'euro (il testo del mio articolo sul Manifesto, pone il problema politico)
  2. Le aporie del più Europa (sintetizza il meccanismo della crisi e chiarisce che un altro euro non è possibile)
  3. Crisi finanziaria e governo dell'economia (il mio articolo su Costituzionalismo.it, fornisce un quadro più ampio e completo, spiega chi sono gli ortodossi e chi sono gli omodossi)

Per chi ama la sintesi (armi leggere)

Il mio blog sul Fatto Quotidiano è più sintetico ed è impostato sul principio di confutare in ogni intervento un luogo comune pro euro. Utile per difendersi nella vita di tutti i giorni dalla marmaglia luogocomunista.

 

Materiale essenziale per capire in pratica le proposte di uscita dall'euro (e altro)

Il materiale in questa sezione è per lo più in lingua straniera, il grosso dei contenuti sarà nel mio libro in italiano ma chi sa inglese o francese potrà giovarsene da subito: prima lo leggete e meglio è! Capirete così che chi vi dice che "non è possibile" e "sarebbe una catastrofe" vi sta semplicemente prendendo in giro (o è un imbecille):
  1. In italiano l'ottimo articolo di Claudio Borghi "Uscire dall'euro?"
  2. La proposta per l'uscita dall'euro di Roger Bootle (vincitore del Wolfson Economic Prize 2012): Leaving the euro: a practical guide
  3. La proposta di Johnatan Tepper (una miniera di informazioni storiche sulle uscite da unioni valutarie): A primer on the Euro breakup
  4. Lo studio di Woo e Vamvakidis sui vantaggi dell'uscita per l'Italia: Game theory and Euro breakup risk premium
  5. La proposta per l'uscita dall'euro di Jacques Sapir (tarata sul caso francese, ma utile per chi sa il francese e non l'inglese, e sostanzialmente concorde con le precedenti sugli snodi fondamentali): S'il faut vraiment sortir de l'euro
  6. In italiano: A rata der mutuo (chiarisce il problema della ridenominazione dei debiti delle famiglie) 
  7. Accipicchia: dimenticavo la fondamentale intervista di byoblu a Claudio Borghi!

Per chi preferisce ascoltare

Possono tornare utili alcuni video:
  1. Ce lo chiede l'Europa (lunga intervista a byoblu, un quadro generale sulla crisi)
  2. Il ciclo di Frenkel (breve intervento ricapitolativo sulle cause della crisi)

Sempre per avere un quadro generale, vi suggerisco:
  1. il mio intervento a Vasto
  2. il mio intervento a Frosinone
oppure l'intervista a puntate con ecodellarete, In viaggio con Goofy (capite meglio se avete letto qualcosa prima, però, altrimenti occhio ai fraintendimenti...):
  1. Le prime due puntate sono nel post su Cesena.
  2.  Qui c'è la terza puntata, che ritorna sul tema del ciclo di Frenkel
  3. Quarta puntata: corruzione e ciclo di Frenkel
  4. Quinta puntata: luogocomunismo e costi della politica.
  5. Sesta puntata: i veri costi della politica
  6. Settima puntata: beato te che nun capisci un cazzo (il titolo è un po' forte, ma si rivolgeva a me)
Per chi invece volesse vedermi in azione, qui può vedermi all'Ultima Parola, qui può sentirmi a Radio24, ecc.

 

Post sempre attuali

  1. Euro: una catastrofe annunciata (l'elenco utilissimo di quelli che ce lo avevano detto)
  2. I salvataggi che non ci salveranno (il primo post di questo blog e la prima previsione azzeccata, che prefigurava quello che poi è successo, cioè il fatto che Monti non avrebbe fatto scendere lo spread)
  3. La crisi, la svendita e mi' cuggino (che evidenzia le motivazioni sottostanti alle politiche di austerità suicida imposte ai governi periferici)
  4. Draghi, portece n'antro ltro (chiarisce perché la Bce non può far nulla per risolvere la crisi)
  5. La svolta di Draghi  (chiarisce perché la Bce non può far nulla per risolvere la crisi, spiega il meccanismo della crisi del 1992)
Per approfondire alcuni aspetti analitici (debito pubblico, privato, estero....):
  1. Premiata armeria Hellas I (per le relazioni fra risparmio nazionale e indebitamento estero)
  2. Premiata armeria Hellas II (per le relazioni fra indebitamento privato, pubblico e estero)
Ancora contro il "luogocomunismo":
  1. La locomotiva d'Europa e le locomotive della Germania (che smaschera una serie di luoghi comuni sul ruolo "trainante" dell'economia tedesca in Europa)
  2. Svalutazione e salari (che smaschera alcuni luoghi comuni sulle "catastrofiche" conseguenze del ripristino della flessibilità del cambio)
  3. Ma in Germania i prezzi sono più alti (la solita obiezione di chi non sa nulla di economia)
  4. I salari alamanni sono scesi del 6%  (dedicato a chi pensa che la Germania sia il paese di Bengodi)
  5. Cosa sapete della produttività (che smaschera alcuni luoghi comuni sulla "pigrizia" dei lavoratori italiani favorita dalle svalutazioni)
  6. Più Europa e meno Spagna (che riflette su alcune proposte ritenute attualmente salvifiche - "Stati Uniti d'Europa" - e sui loro rapporti con la democrazia in Europa).
Per un mondo migliore:
  1. L'Europa senza l'euro (che descrive assetti istituzionali alternativi per l'Unione Europea)
  2. Eurodelitto ed eurocastigo (che invita i politici a non mentire: dedicato a Sel)
  3. Ortotteri e anatroccoli (che invita i politici a non mentire: dedicato a Grillo)
  4. Ortotteri e suini (che invita i politici a non mentire: dedicato a Grillo e a Berlu)
Questa selezione è puramente indicativa, ma penso possa aiutare chi arriva adesso.

 

Non siamo soli

Ci sono altri blog che fanno informazione corretta su temi economici o comunque attinente alla crisi. Vi elenco quelli che mi sono più utili, o con i quali sono comunque in rapporti cordiali, il che, dato il mio carattere di merda, è un discreto indicatore. In no particular order:
  1. vocidallagermania (essenziale per capire cosa i tedeschi pensano della crisi)
  2. vocidallestero (riporta in italiano utilissimi articoli della stampa internazionale)
  3. ecodellarete (santo subito: nun capisce un cazzo ma è un amico... vediamo quanto ci mette a reagire...)
  4. il mainstream (si allarga alla politica estera, sempre ricco di stimoli)
  5. Gennaro Zezza (un uomo dal quale devo imparare tante cose, a partire dalla calma)

Dati

La consultazione non ne è sempre facile, se non si conosce l'inglese, ma comunque può essere utile che vi fornisca i link alle basi di dati macroeconomici più utili:
  1. Il database del World Economic Outlook del FMI (sono fogli Excel, ci trovate i principali indicatori macro per tutti i paesi, dal 1980, con le previsioni a cinque anni - attualmente fino al 2017)
  2. I World Development Indicators (un foglione Excel di dati annuali su tutto a partire dal 1960, più completo ma meno pratico)
  3. Il database dell'OCSE (interattivo, potete scaricare i dati in Excel)
  4. Il database AMECO (dati macroeconomici annuali dell'Unione Europea, pratico e veloce)
e alcuni database "settoriali" che ogni tanto abbiamo nominato, come:
  1. Il COFER (composizione delle riserve internazionali, dedicato a quelli che "gli Usa hanno paura dell'euro")
  2. Euro Crisis Monitor, il database sui saldi Target2 dell'università di Osnabrück.
Con AMECO e World Economic Outlook potete rispondere ai dilettanti che vi dicono che dopo l'uscita dallo Sme ci fu iperinflazione, ecc.

Link attivi

Facilitano la vita di chi legge il post. Per orientarsi, tenete presente che l'HyperText Markup Language (HTML) è un linguaggio che funziona con dei "marcatori", piccoli codici che indicano una proprietà del testo fra essi riacchiuso.

I marcatori sono racchiusi fra parentesi angolari, e quello di chiusura comincia con uno slash (la barra /).

Quindi una coppia di marcatori è <mmmm>testo da marcare</nnnn>, dove mmmm e nnnn sono una serie di caratteri.

Grassetto

Esempio: se volete mettere un testo in grassetto, dovete usare il marcatore "bold". Se nel commento scrivete <b>grassetto</b>, la parola grassetto sarà in... grassetto (bold)! Notate lo slash nel tag di chiusura </b>. In questo caso lo slash è l'unica cosa che distingue il tag di apertura da quello di chiusura, ma non è sempre così.


Link attivo

Il marcatore del link "attivo" deve riportare l'indirizzo della pagina cui volete inviare il lettore, ed è indicato con la lettera "a" che sta per "anchor" (àncora, non ancòra, che sarebbe again).

Quindi, se volete che una porzione di testo rinvii al giornale dei comunisti alle vongole, scriverete:

<a href="http://www.ilmanifesto.it/">quelli che vogliono la mancetta</a>

La frase "quelli che vogliono la mancetta", compresa fra

  • il tag di apertura: <a href="http://www.ilmanifesto.it/">
  • il tag di chiusura </a>

diventerà un link attivo e vi manderà all'organo dei comunisti alle vongole.

Notate che nel tag di apertura <a href="indirizzo"> l'indirizzo del sito è fra doppi apici e dopo href=. Notate anche che nel tag di chiusura c'è uno slash </a>.

Spero sia chiaro, altrimenti chiedete e chiarirò.

Consigli di lettura

Anche se l'intento è divulgativo, qui abbiamo sviluppato un discorso che non possiamo ogni volta riprendere ab ovo. Non c'è nessuna volontà di esclusione in questo, solo volontà di approfondimento con chi segue dall'inizio. Per i tanti che giustamente chiedono da dove iniziare per acquisire un minimo di basi di ragionamento ho scritto questi Consigli di lettura. Se ci sono difficoltà, parliamone. Sto progettando di integrare questo blog nella mia attività didattica, linkando videolezioni, studi di casi, ecc. ecc. Ma io sono uno e voi siete molti. Eventuali richieste di chiarimenti discutiamole sotto il post "Consigli di lettura".

Commenti 

Parto da un principio basilare: un blog non è un forum. Nel blog un autore esprime il suo pensiero. Se lo ritiene, raccoglie e discute i commenti che gli sembrano interessanti per chiarirlo. In un forum utenti registrati intervengono in modo paritetico (ma coordinati e se del caso disciplinati da super-utenti). La ricchezza di questo blog è stata fin dall'inizio la qualità e l'interesse dei commenti dei lettori, che vi invito a leggere con attenzione. Ho cercato di dar loro il massimo spazio possibile, ma questo rimane un blog, non un forum, e valgono quindi alcune elementari regole:
  1. Decido io quello che mi interessa. Chi parla di "censura" in un blog semplicemente non sa cos'è un blog. Qui arrivano centinaia di messaggi al giorno, molti ripetitivi, molti fuori argomento, molti che finiscono da soli nello spam. Non vi aspettate di avere necessariamente una risposta né di essere necessariamente pubblicati all'istante: non è tecnicamente possibile. I piagnoni o i calunniatori verrano banditi senza pietà.
  2. Commenti a puntate verranno cestinati senza pietà: se avete molte cose da dire, aprite il vostro blog: è gratis. Di logorroico qui basto e avanzo io.
  3. Commenti fuori tema verranno altresì cestinati. Uno dei punti focali della mia analisi (che rispecchia quella dei principali economisti internazionali viventi) è che la crisi dell'Eurozona non dipende dal debito pubblico ma da quello privato. Quindi, ad esempio, chi vuole ragliare acriticamente contro la spesa pubblica può comodamente farlo nei tanti blog di sconfitti dalla Storia che trova comodamente su Internet (non faccio nomi per Karità di patria).
Spero che la frequentazione di questo blog e la lettura dei post e soprattutto dei commenti possa essere per voi un'esperienza piacevole. Chi non è d'accordo ha tutto il diritto di dirlo, e se lo fa in modo civile qui siamo tutti disponibili al dialogo. Leggendo indietro troverete più di un esempio di quanto dico. Buona lettura (o anche no).

Draghi costringerà Monti a chiedere il "salvataggio",cioè renderci tutti schiavi.ecco come. di Paolo Barnard

Riassunto in sintesi: la BCE di Draghi può obbligare Monti a sottoporre l’Italia alle schiavitù (pro elites di speculatori) che vengono con i ‘salvataggi’ dei fondi salva Stati, semplicemente chiudendo i rubinetti alle banche italiane a piacimento da un giorno all’altro. Questo causerebbe il collasso del sistema economico privato italiano, la bancarotta del Paese e la nostra fine all’inferno. E la BCE lo farà, l’ha già fatto.
Premesse:
-       I fondi salva Stati dell’Eurozona, EFSF e MES, sono i fondi d’emergenza a cui gli Stati a rischio d’insolvenza possono chiedere aiuto. Il problema, semplificando, è che chi si rivolge a questi fondi deve però sottoscrivere delle clausole (Memorandums of Understanding) dove si obbliga da quel momento a cedere ogni sovranità di governo in ambito economico alla Troika di Commissione UE, BCE, e Fondo Monetario. A divenire cioè pupazzi imbelli come la Grecia o come l’Irlanda oggi, con conseguenze orribili per i diritti e i redditi delle famiglie e delle aziende nazionali, emasculazione dei Parlamenti, devastazioni sociali, ecc.

-       Sono mesi che Mario Monti o il suo scherano Grilli insistono che l’Italia non dovrà assolutamente far ricorso a quei fondi ‘rendi-schiavi’. Bugie, come spiego sotto.

-       Le banche di quasi tutti i Paesi dell’Eurozona dipendono oggi ormai interamente dagli esborsi della BCE di Draghi (i LTRO) per sopravvivere, dato che sono tutte tecnicamente fallite da un pezzo, per svariati motivi, fra cui la loro indecente passata scelleratezza. Questo dà a Draghi un potere immenso oggi in Eurozona. Ma si faccia attenzione per capire meglio quanto dirò sotto: quando la BCE concede finanziamenti alle banche (LTRO appunto), pretende in cambio delle contropartite chiamate assets. Se no i soldi non arrivano. Non è vero che la BCE concede miliardi alle banche a gratis, deve sempre avere contropartite. Ora, è ovvio che se la BCE giudica quelle contropartite inadeguate e le rifiuta, la banca rimane a secco. Ok?

Bene. La BCE si è di recente dotata di un pezzo di legislazione interna che si chiama Struttura di Controllo del Rischio, che dà il potere alla Banca diretta da Draghi di giudicare qualsiasi contropartita bancaria (gli assets) inaccettabile, a sua esclusiva discrezione. Ecco cosa accadrà all’Italia:

La Troika (come già il Fondo Monetario sta facendo in queste ore) insisterà che l’Italia si affidi d’urgenza ai fondi salva Stati EFSF e MES. Monti farà la scenetta del “No! Non ne abbiamo bisogno”. Draghi manderà alle maggiori banche italiane una circolare dove si legge che “in virtù di quanto sancito dalla Struttura di Controllo del Rischio, ahimè, gli asset in contropartita che le banche italiane ci offrono per i finanziamenti dalla BCE sono divenuti inaccettabilii. Ergo, no soldi”. La banche si attaccheranno disperate al telefono e in 5 minuti Monti saprà che l’intero sistema bancario Italiano è a un passo dal crollo in stile 1929, cioè l’apocalisse economica e il panico per le strade. Al sesto minuto Monti farà sapere alla stampa che l’Italia ha accettato l’aiuto dei fondi salva Stati. Saremo servi, impotenti, delegittimati, senza più una sovranità neppure di facciata come oggi.

Ipotesi? Solo allarmate ipotesi? Per la cronaca: come credete che sia avvenuta la resa di Irlanda (2010) e Spagna (5/2012) agli aiuti dell’EFSF e della Troika rispettivamente? Esattamente come descritto sopra. Né Irlanda né Spagna erano realmente al collasso bancario, vi erano vie d’uscita, ma ahimè non gradite agli speculatori e ai ‘rentiers’ che controllano i colletti bianchi di BCE e FMI. Ergo, le hanno ricattate e rese schiave.

Sabato a Rimini, con Mosler, Parguez e Forstater, vi spieghiamo come difenderci, con potenza e autorevolezza. Dovremmo essere là in 7-8 milioni di adulti italiani. Saremo 7-8 cento, se va bene. Questa è l’Italia.

giovedì 11 ottobre 2012

il Manifesto di salvezza economica nazionale di Paolo Barnard e Warren Mosler

IL MANIFESTO DI SALVEZZA ECONOMICA NAZIONALE
"NON ERAVAMO PIIGS, TORNEREMO ITALIA"
Un anticipo di Rimini e Cagliari, Ott. 2012
di Warren Mosler e Paolo Barnard
(iscrivetevi ai 2 summit, posti disponibili, qui www.paolobarnard.info)

Premessa:
Dato che la nostra economia rimane a livelli di depressione del tutto artificiosi.
Dato che la BCE offre fondi legati a condizionalità che mantengono in vita la nostra depressione economica.
Dato che la BCE non ha mostrato alcuna intenzione di ammorbidire quelle condizionalità.
Dato che la UE non ha mostrato alcuna intenzione di ridurre la disoccupazione ammorbidendo i limiti ai deficit di bilancio nazionali dettati da Maastricht.
Dato che la UE e la BCE hanno mancato di riconoscere il ruolo dei Deficit Positivi per sostenere la piena occupazione, la produzione aziendale e i risparmi.
Dato che l’inflazione da eccesso di domanda non è un pericolo finché la produzione non si riduce drammaticamente.
Dato che noi consideriamo le politiche che deliberatamente sostengono livelli alti di disoccupazione un crimine contro l’umanità.
Dato che le presenti politiche della UE e della BCE necessariamente manterranno la disoccupazione elevata e ridurranno i termini reali degli scambi commerciali.
Dato che i Trattati fondanti dell’Eurozona che hanno drasticamente limitato le nostre sovranità non furono mai sottoposti a un’analisi indipendente, né al consenso democratico dei cittadini.
Dato che l’intera struttura dei poteri sovranazionali della UE si fonda sulle inapplicabili ideologie Neoclassiche e Neoliberiste che necessariamente escludono qualsiasi possibilità di piena occupazione sostenibile, cioè di “Finanza Funzionale” per i popoli.

Dato che è ora chiaro che le politiche di Austerità di Mario Monti hanno fatto precipitare il Paese nella recessione, che sta divenendo piena depressione economica, attraverso uno sforzo che si fonda su teorie inapplicabili, ma anche su un preciso piano di spoliazione del bene comune a favore di pochi.


Dato tutto ciò, noi i cittadini della Repubblica Italiana chiediamo:
Il ritorno alla nostra moneta sovrana, con cui creare politiche che porteranno il governo a promuovere azioni al servizio del pubblico, includendo:
Il recupero della piena sovranità democratica controllata sempre dal volere popolare;
Il sostegno alla piena occupazione su base permanente;
Il sostegno alle aziende italiane creando le condizioni per l’aumento di domanda;
La fornitura di sostegno pieno agli anziani, ai giovani, agli infermi, ai disabili in modo da farci sentire fieri di essere italiani, ovvero fieri del nostro Stato Sociale;
Assicurare i conti correnti bancari e limitare la funzione bancaria al servizio dei sistemi di pagamento, al servizio dei correntisti, e alla fornitura di prestiti al servizio della collettività;
Eliminare il pagamento governativo degli interessi attraverso la creazione di un sistema di fondi a zero rischio e a tassi zero, in coordinamento con la Banca d’Italia.

Václav Klaus: “La distruzione della democrazia in Europa potrebbe essere nella sua fase finale”

Václav Klaus: “La distruzione della democrazia in Europa potrebbe essere nella sua fase finale”


Published on ottobre 10, 2012 by in Azione

“I politici ‘con due facce‘ hanno aperto la porta ad un superstato dell’UE rinunciando alla democrazia”, ha detto il veterano statista ceco Václav Klaus, a Bruno Waterfield.
La nuova spinta verso una federazione dell’Unione europea, completa di un proprio capo di Stato e dell’esercito, è la “fase finale” della distruzione della democrazia e dello Stato-nazione, ha messo in guardia il presidente della Repubblica Ceca.
In un’intervista con il Sunday Telegraph, Václav Klaus avverte che i politici “con due facce”, compresi i Conservatori, hanno aperto la porta ad un superstato UE cedendo democrazia, in quella che è una fuga dalla credibilità e dalla responsabilità verso i loro elettori.
  • “Dobbiamo pensare a come ripristinare la nostra indipendenza e la nostra sovranità. Questo è impossibile all’interno di una federazione. L’UE dovrebbe muoversi in una direzione opposta”, ha detto.
La settimana scorsa, la Germania, la Francia e altri nove dei più grandi paesi d’Europa hanno chiesto di mettere fine ai veti delle nazioni in materia di politica di difesa mentre Guido Westerwelle, ministro degli Esteri tedesco, ha sollecitato la creazione di un presidente europeo eletto direttamente “che nomina personalmente i membri del suo governo europeo”.
Il signor Westerwelle, facendo riferimento all’opposizione britannica, ha chiesto che gli Stati nazionali siano privati del diritto di veto in materia di difesa per “impedire che un singolo Stato membro possa essere in grado di ostacolare le iniziative”, che “potrebbero eventualmente coinvolgere un esercito europeo”.
Parlando nel Castello di Hradcany, un complesso di edifici maestosi che si ergono sopra Praga, un simbolo dell’identità nazionale ceca, Klaus ha descritto la richiesta di una federazione da parte del Presidente Barroso, immediatamente seguìta dall’intervento caldeggiato dalla Germania, come un punto di svolta importante.
  • “Questa è la prima volta che ha riconosciuto le reali ambizioni dei protagonisti odierni di un ulteriore approfondimento dell’integrazione europea. Fino ad oggi, le persone, come José Manuel Barroso, hanno nascosto queste ambizioni al pubblico europeo”, ha detto. “Ho paura che Barroso abbia la sensazione che questo sia il momento giusto per annunciare un tale sviluppo assolutamente sbagliato.”
  • “Pensano di mettere a punto il concetto di Europa, ma secondo me lo stanno distruggendo”.
Il Presidente Klaus, 71 anni, uno dei politici conservatori più esperti d’Europa, è stato primo ministro del suo paese per due volte dopo aver vinto le elezioni nazionali e completerà il suo secondo mandato come Presidente della Repubblica ceca il prossimo anno.
Spesso denominato “la Margaret Thatcher dell’Europa centrale”, il signor Klaus è nato nella Praga occupata dai nazisti, svolse un ruolo chiave nella rivoluzione di Velluto del 1989 che rovesciò il comunismo e divenne fondatore del Partito Democratico Civico Ceco, che è rimasto al governo per la maggior parte del periodo di indipendenza della Repubblica ceca.
Consigliò a malincuore l’adesione della Repubblica Ceca all’UE nel 2004 e cinque anni dopo fu l’ultimo capo di stato europeo a firmare il trattato di Lisbona, rimandando la firma, sotto forte pressione internazionale, fino a quando tutti i ricorsi legali e costituzionali contro di esso non furono portati a termine nel suo paese .”Siamo entrati nell’Unione europea, non in una federazione in cui saremmo diventati una provincia insignificante”, ha detto.
Klaus è un europeo cortese di vecchia scuola, un oratore pubblico appassionato e abituale, che insiste su una critica intellettuale delle idee piuttosto che sulla critica personale che spesso, oggi, sostituisce il serio dibattito politico. Con suo “grande rammarico” si ritrova ad essere un combattente solitario per la democrazia tra i capi di stato europei.
“Nei confronti delle élite politiche al vertice dei paesi, è vero, sono isolato”, ha detto. “Soprattutto dopo la nostra esperienza Comunista, noi sappiamo molto bene e forse meglio della gente in Europa Occidentale, che il processo di democrazia è più importante del risultato.
“E’ un’ironia della storia, non avrei mai pensato nel 1989, che ora avrei fatto questo: che il mio ruolo sarebbe stato quello di predicare il valore della democrazia.”
Nel suo libro, Europa: la frantumazione delle illusioni, che sarà pubblicato da Bloomsbury giovedì, il Signor Klaus ipotizza che l’UE si sia evoluta nella forma attuale perché i leader politici hanno trovato conveniente allontanarsi dai loro Stati nazione, dove gli elettori sono stati storicamente in grado di influenzarli.
  • “Le elite politiche hanno sempre saputo che lo spostamento del processo decisionale dal livello nazionale a quello sovranazionale indebolisce i meccanismi democratici tradizionali (che sono inseparabili dall’esistenza dello Stato-nazione), e questo aumenta il loro potere in modo radicale. Questo è il motivo per cui volevano questo cambiamento così fortemente in passato, ed è per questo che lo vogliono oggi”, scrive.
  • “Gli autori del concetto di integrazione europea sono riusciti a mandare in corto circuito la mente delle persone, creando un collegamento tra il nazionalismo aggressivo di Hitler (nazionalismo di un tipo del tutto negativo) e lo Stato nazionale tradizionale, mettendo in discussione l’esistenza degli stati nazionali, in generale. Tra i molti errori fatali e le menzogne che hanno sempre sostenuto l’evoluzione dell’Unione europea, questo è uno dei peggiori.”
Klaus è veramente sconcertato e sbalordito quando descrive la sua visita di Stato in Italia la scorsa settimana, quando ha incontrato quella che lui chiama la “mentalità distruttiva” dei politici italiani che stanno usando la crisi della zona euro per rinunciare alla democrazia e per eludere la responsabilità di gestire il loro paese.
  • “E’ stato davvero molto deprimente per me il modo in cui molti leader politici italiani hanno espresso il parere che è necessario spostare le competenze dall’Italia a Bruxelles per un solo motivo: accettano passivamente di non essere in grado di prendere decisioni razionali da soli”, ha detto. “Adesso possono trovare la scusa o l’alibi che ‘siamo costretti a farlo’. Non l’ho mai sentito dire prima così esplicitamente o direttamente”.
“E’ una fuga dalla credibilità e dalla responsabilità. Hanno ceduto il ruolo e l’importanza della democrazia. Questa è la conseguenza finale e davvero tragica.”
Con tristezza, più che rabbia, egli conclude che i Conservatori, al governo con David Cameron, non sono migliori di qualsiasi altro politico nazionale con “due facce”, che “ne mostrano una ai loro elettori e l’altra quando parlano a Bruxelles, in occasione dei vari vertici UE ed eventi simili.”
  • “Lo vediamo meglio con i conservatori britannici, dopo Margaret Thatcher. Con tutto il peso dell‘opinione pubblica alle loro spalle, nettamente contrari all’euro e a qualsiasi ulteriore trasferimento di poteri a Bruxelles – vincendo molti voti grazie a questo – non appena mettono piede sul continente, la loro volontà di lottare per questi principi evapora”, scrive.
Parlando al Sunday Telegraph, è stato troppo cortese come capo di stato ceco per criticare direttamente la leadership del primo ministro, ma privatamente ha detto di essere disperato per la sua insufficiente lotta al tavolo del vertice UE. “Vorrei tornare alla posizione di partenza con il Partito Conservatore. Non ho davvero voglia di aggiungere altro a quello che dico nel mio libro,” ha detto.
Dopo il crollo del comunismo, i conservatori nella Repubblica Ceca trovarono degli alleati naturali nelle loro controparti della Gran Bretagna guidata dalla Baronessa Thatcher – un rapporto che continua, con i membri del partito di Klaus seduti nel raggruppamento guidato dai conservatori britannici al Parlamento europeo.
Ma lo stesso signor Klaus sta cominciando a pensare al di là di questo. Come presidente ceco non può agire unilateralmente, ma esprime il suo sostegno personale all’UK Independence Party, un rapporto che si è intensificato dopo un recente incontro con il suo leader Nigel Farage, e ha accennato a possibili piani quando il suo secondo e ultimo mandato in carica terminerà nel prossimo mese di marzo.
“Un coinvolgimento esplicito è al momento fuori questione. Credo nel lungo periodo, ma sicuramente non come presidente di questo paese”, ha detto, aggiungendo: “Condivido molte delle loro idee”
Europa: la frantumazione delle Illusioni di Václav Klaus sarà pubblicato da Bloomsbury il 27 settembre 2012
Fonte: The Telegraph
Tradotto per l’ARS da Anna Moffa di I Lupi Di Einstein

martedì 9 ottobre 2012

SOVRANITA' & DEMOCRAZIA al fianco del POPOLO DEI FORCONI SICILIANI

LINEE PROGRAMMATICHE DI BASE DE ” IL POPOLO DE I FORCONI ”


Presentiamo le linee programmatiche ispiratrici della futura azione politica dei Forconi convinti comunque che è la qualità etica degli uomini, ancor prima dei programmi, l’
ingrediente indispensabile per cambiare i destini della Sicilia. Noi non possiamo fare promesse tranne che una: continueremo a lottare sempre, senza quartiere, con impegno e sacrificio per ridare dignità e benessere al Popolo siciliano, con
sapevoli che gli uomini migliori della nostra Madre Terra non si trovano nelle segreterie politiche e tra le servitù clientelari dei partiti, ma ai loro posti di lavoro dentro e fuori casa o nelle strade, a lottare con orgoglio per il proprio futuro e ad affermare senza paura i propri diritti.La lotta del Movimento Politico dei Forconi è primariamente una lotta per riaffermare nella società la dignità e la centralità dell’essere umano contro ogni forma di sopraffazione, fisica, morale od economica. Riteniamo a tal fine indispensabile che vengano ripristinata una vera democrazia e la sovranità popolare; intendendo la sovranità nel senso più ampio del termine: monetaria, alimentare, politica, territoriale, dei beni ambientali ed energetici. Non ci rassegniamo, né mai ci rassegneremo, a diventare schiavi passivi di un sistema politico-finanziario gestito da oligarchie transnazionali che per mezzo di meccanismi speculativi perversi stanno impoverendo senza scrupoli popoli e nazioni.

Debito pubblico, pareggio di bilancio, fondo “salva stati”, meccanismI di “stabilità, troike finanziarie non hanno per noi alcun senso dal momento che servono solo a garantire la “stabilità”, i bilanci, la salvezza e le ricchezze di quelle elitès e lobbies finanziarie neoliberiste che pur rappresentando meno dell’1% della popolazione vivono lucrando ed impoverendo il restante 99% dell’Umanità.
La nostra lotta sarà una lotta di dignità e di legalità. Ad iniziare dalla reale ed integrale applicazione dello Statuto Autonomo Siciliano così come sancito dalla Costituzione Italiana; non è per noi un tabù affermare che ove lo Stato centrale non dovesse riconoscere al Popolo Siciliano il diritto alle prerogative amministrative e finanziarie previste dallo Statuto, la Lotta dei Forconi potrebbe abbracciare anche le istanze mai sopite dell’ Indipendentismo Siciliano.
L’azione dei Forconi sarà volta ad ottenere nella vita politica siciliana:
LA TRASPARENZA di ogni atto amministrativo e finanziario dell’amministrazione regionale con pubblicazione immediata e motivata su internet di ogni azione di governo ( nomine, spese, consulenze, rimborsi, attività dei parlamentari ecc..).
L’EQUITA’ SOCIALE con abolizione totale dei privilegi (vitalizi, rimborsi, auto blu, benefit di vario tipo) e riduzione sostanziale degli emolumenti dì deputati, consulenti ed amministratori della cosa pubblica di nomina “politica”. Reinvestimento vincolato delle somme così risparmiate a favore dell’ISTRUZIONE , della formazione professionale e dell’inserimento lavorativo delle classi sociali più svantaggiate.
IL CONTRASTO AL SISTEMA CLIENTELARE politico-affaristico-mafioso mediante normative che prevedano:
a) la SBUROCRATIZZAZIONE ed esemplificazione delle procedure amministrative; la responsabilità diretta dei funzionari regionali che non esitino nei tempi previsti le istanze dei cittadini; l’abolizione di tutti gli enti e commissioni parassitarie inutili ed improduttive; l’esemplificazione normativa e la tutela delle Aziende.
b) la TRASPARENZA DELLE NOMINE, nelle amministrazioni e partecipate regionali, che dovranno essere preferenzialmente espletate mediante pubblico concorso che garantisca meritocrazia e pari opportunità;
c) una severa LEGISLAZIONE ANTICORRUZIONE e la limitazione dei mandati al Parlamento Regionale.
d) LA REALE TUTELA DELLA SEGRETEZZA del voto elettorale nelle operazioni di scrutinio;
e) IL SUPERAMENTO del precariato mediante qualificazione professionale mirata, con riserva di posti nei pubblici concorsi ed incentivi economici e fiscali per chi sceglie l’imprenditoria personale.
f)Il divieto di attribuzione di incarichi e consulenze a soggetti già in pensione o a “trombati” nelle elezioni;
h)IL DIVIETO DI SUBAPPALTO NELLE GARE PUBBLICHE con preferenza verso le associazioni di imprese.
IL RILANCIO DELL’ECONOMIA INTERNA mediante:
a) NORME SEVERE a tutela dei produttori su origine, qualità, tracciabilità e costi all’origine dei prodotti agroalimentari. Revisione delle politiche comunitarie penalizzanti la pesca e l’agroalimentare siciliano.
b)L’ ADOZIONE DI UNA MONETA COMPLEMENTARE SICILIANA PER IL RILANCIO DEI CONSUMI INTERNI e l’attribuzione di un reddito minimo da cittadinanza per studenti e cittadini con reddito basso o nullo.

c) LA COSTITUZIONE DI BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO per il finanziamento non speculativo alle imprese. Stimolo al mutuo soccorso, al volontariato, alla costituzione di banche etiche per il microcredito alle famiglie. Promozione fiscale della partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali.
d)LA FORMAZIONE PROFESSIONALE da effettuarsi direttamente presso le piccole e medie imprese industriali, artigianali, turistiche e commerciali, mediante forme di convenzione tra aziende e Regione; l’ incentivazione fiscale per le ditte che assumono il personale formato .
e) L’INTEGRAZIONE SINERGICA TRA TURISMO, INTRATTENIMENTO, ARTE, CULTURA, ISTRUZIONE e BENI ARCHITETTONICI con incentivazione fiscale e sostegno infrastrutturale e pubblicitario alle iniziative che oggettivamente riescano a creare attrazione turistica, fruibilità e conservazione delle risorse culturali ed artistiche dell’Isola.
f) IL SOSTEGNO ALLA RICONVERSIONE DEI GRANDI CENTRI COMMERCIALI in complessi congressuali, fieristici, turistici, sportivi ed alberghieri di dimensioni adeguate a sostenere eventi di respiro euro-mediterraneo per la promozione del commercio, degli scambi culturali, scientifici e dei grandi eventi sportivi.
g) LA PROMOZIONE DELL’AUTONOMIA ENERGETICA ECO COMPATIBILE DELLE AZIENDE.
h)LA RIVISITAZIONE DELLA LEGISLAZIONE INERENTE I PARCHI REGIONALI E LE RISERVE NATURALI,finalizzata ad abolirne la gestione politica parassitaria e ad incentivare la fruibilità turistica ecosostenibile del patrimonio ambientale oltre che una limitata e controllata attività venatoria ad impronta etica e a scopo di riequilibrio faunistico; Selezione e riqualificazione tra il personale forestale al fine di adibirlo al controllo di parchi e riserve, sinergicamente al volontariato delle Associazioni Ambientaliste.
L’EQUITA’ FISCALE, mediante:
a)LA NON TASSABILITA’ ed impignorabilità della prima casa e dei mezzi di lavoro.
b)L’ABOLIZIONE DEL SISTEMA DI RISCOSSIONE terroristico ed usuraio di SERIT con attribuzione delle attività di riscossione ai comuni e municipalità mediante utilizzo del personale in esubero derivante da enti improduttivi e secondo norme che tutelino il contribuente in difficoltà economiche. Moratoria sulla riscossione e pignoramenti per famiglie e aziende in documentato stato di crisi economica.
c) LA NOMINA DI UNA COMMISSIONE DI INCHIESTA SULLO SPRECO DEL DENARO PUBBLICO CON AZIONE RISARCITORIA OBBLIGATORIA NEI CONFRONTI DEGLI AMMINISTRATORI CHE L’HANNO DETERMINATO.
d) DETRAIBILITA’ DI TUTTE LE SPESE EFFETTUATE CON TASSAZIONE PROGRESSIVA SOLO SUL REDDITO RESIDUO RIMANENTE.
LA VALORIZZAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO con:
a)ADEGUAMENTO DEI LIVELLI RETRIBUTIVI ATTUALI mediante integrazione con moneta complementare siciliana;
b)RIDEFINIZIONE DEGLI ORGANICI , QUALIFICAZIONE DEL PERSONALE E PARI OPPORTUNITA’ DI CARRIERA.
IL RIPRISTINO DI UNA VERA DEMOCRAZIA
Mediante lo studio sulla possibilità di utilizzare le tecnologie informatiche per giungere ad una democrazia diretta e partecipata che preveda il reale esercizio di referendum abrogativi e propositivi per le leggi di iniziativa popolare.
LA TUTELA DEL TERRITORIO E LA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO ED IDROGEOLOGICO
Mediante LA BONIFICA AMBIENTALE, IL MONITORAGGIO E PREVENZIONE DELL’INQUINAMENTO NELLE AREE INDUSTRIALI; IL RECUPERO, RICICLO E VALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI.
LA REVOCA DELLE AUTORIZZAZIONI ALLA COSTRUZIONE DEL M.U.O.S.
Ricognizione ed investimenti prioritari per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e delle aree a rischio di frane ed inondazioni.
LA VALORIZZAZIONE E CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICO INUTILIZZATO
Mediante assegnazione in comodato gratuito con obbligo di manutenzione (anche paritetica), da assegnare preferenzialmente ai giovani, alle donne, alle cooperative ed alle associazioni O.N.L.U.S.
LA VALORIZZAZIONE DEI GIOVANI LAUREATI , RICERCATORI ed INVENTORI SICILIANI
Mediante il finanziamento di un Istituto autonomo per la ricerca e lo sviluppo di idee, brevetti e modelli di utilità, soprattutto nell’ambito della riduzione della dipendenza dai combustibili fossili.
LA TUTELA DELA SALUTE mediante
a)L’ERADICAZIONE DELL’INGERENZA POLITICA NELLA GESTIONE DELLA SANITA° (scelta dei Primari).
b)LA LOTTA CAPILLARE AGLI SPRECHI (iperaquisti di macchinari e materiali che vengono fatti scadereI:
c) REINVESTIMENTO DEI RISPARMI OTTENUTI PER LA RIDUZIONE DI TICKETS E AUMENTO DI SERVIZI.
Quanto sopra non è, e non può essere esaustivo e conclusivo, dei mille problemi che affliggono la Sicilia. Ulteriori contributi troveranno spazio nel programma definitivo che sarà reso pubblico nelle prossime settimane.
www.marianofero.it
www.iforconi.it