giovedì 10 gennaio 2013

Destra Sinistra e Centro: l’inganno pseudopolitico continua di Eugenio Orso, Anatolio Anatoli e il compagno pollpot

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                                Giuramento della Pallacorda (20 giugno 1789)
La distinzione fra Destra e Sinistra, fra le quali se ne sta il Centro politico, origina dallo schierarsi in senso fisico dei delegati nell’Assemblea Nazionale Costituente francese, nata ufficialmente il 9 luglio 1789 dagli Stati Generali, qualche giorno prima della presa della Bastiglia. Aristocrazia (secondo stato) e Clero (primo stato), per la classe alta, a destra, Terzo Stato a sinistra. E se i rappresentanti delle classi si fossero schierati diversamente? Si sarebbero invertite le parti, perché oggi la destra sarebbe la sinistra e la sinistra la destra, e uno come Robespierre lo dovremmo considerare “di destra”. Ma il centro se ne starebbe pur sempre nel mezzo.
Destra Sinistra e Centro si affrontano ancora una volta nella campagna elettorale italiana.
Bene! Anzi, male! O meglio, malissimo!
L’apparato mediatico al servizio di questo capitalismo fa credere che Monti è di Centro (aporeticamente cattolico e neoliberale nello stesso tempo), Bersani è di Sinistra (o di centro-sinistra, secondo le specifiche esigenze elettorali e gli apparentamenti) e Berlusconi è di Destra (o di centro-destra, autodefinendosi il cav un moderato e un liberale).
E’ tutto falso. Non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo, se non fosse che gli idioti manipolati abbondano, e predomina un tipo umano ammaestrato che ha smarrito (per sempre?) la coscienza politica e sociale.
Fuorviati dalla propaganda sistemica, abbagliati e depistati dai media, condizionati e orientati dai sondaggi, gli elettori – cioè quelle masse impoverite, drammaticamente reali, che diventano per l’occasione corpo elettorale, nella necessità di delegare ancora una volta il potere al Sovrano – in assoluta maggioranza credono che queste entità fantasmatiche esistono veramente, rappresentando alternative concrete ciascuna alle altre contrapposta sulla scena politica.
Perciò, Monti è di Centro, anche se lui stesso si vende come (fervente?) cristiano di matrice cattolica e (neo)liberale nello stesso tempo, cacciando chi dovrebbe valutarlo per dargli il voto in una strada senza uscita, che poi è quella dell’aporia. Bersani è di Sinistra perché nella brutta copia dell’agenda politica euromontiana, da lui agitata in campagna elettorale, ci sono tracce appena percettibili di laburismo. Berlusconi è di Destra e per di più populista, pur autodefinendosi moderato e democratico liberale, anche se finora si è ben guardato dal contrastare efficacemente le imposizioni programmatiche dell’unione europoide e i voleri della classe dominante globale, della quale non fa parte. Ma per gli imbecilli che parteciperanno alla sceneggiata prossima ventura come tifosi sui campi di calcio –gran ludo e rito, di un sistema apparentemente solidissimo, che si confonde con la calciomania – Monti è il Centro (nell’aporia cristiano-neoliberista che lo contraddistingue), Bersani è la Sinistra (per le tracce appena percettibili di laburismo postmarxista) e Berlusconi è la Destra (con l’aggravante di un certo populismo antidemocratico).
La contrapposizione simulata diventerà convincente, per i tantissimi idios che non potranno non cadere nella trappola, e lo Spettacolo della tenzone fra le tre grandi fazioni, evocate in occasione della chiamata alle urne, sarà così assicurato ancora una volta.
Peccato che la politica italiana è decisa altrove, fuori da questo paese, e chi vincerà il prossimo appuntamento elettorale sarà il mero esecutore di politiche economiche, sociali e finanziarie nate da una sola matrice: quella sopranazionale europoide e globalista.
Il corpo elettorale idiotizzato terrà finalmente conto di questo piccolissimo particolare che sposta completamente l’angolo visuale e rivela l’inganno, riuscirà a vedere oltre lo schermo che trasmette lo Spettacolo, dopo anni e anni di miopia quasi assoluta?
Sicuramente no, perché ciò che si fa prevalere in tali circostanze, assorbendo la totale attenzione degli elettori, è il rituale scontro senza effettività politica e sociale, senza riflesso alcuno sui programmi effettivamente applicati, fra Destra Sinistra e Centro. Le tre entità fantasmatiche, suscitate come spiriti depistanti otto-novecenteschi in campagna elettorale, si materializzeranno esclusivamente in funzione del rito elettoralistico, diventando sempre più reciprocamente conflittuali man mano che si avvicinerà l’appuntamento delle urne.
Quando il rituale si esaurirà, a urne aperte e schede contate, i fantasmi di legittimazione politica otto-novecenteschi Destra Sinistra e Centro inizieranno improvvisamente a dissolversi, cesseranno le rivalità esasperate dalla campagna elettorale e si formerà un governo sottomesso ai poteri esterni, come e più dei precedenti Monti I, Berlusconi IV e Prodi II. Un esecutivo fantoccio espressione di quella Dittatura Indiretta Sopranazionale della Classe Globale che è la vera sostanza politica e l’esito della democrazia liberale.
A poco serve che Monti, davanti all’incauta richiesta del pd bersaniano di una futura collaborazione dopo il voto, dichiari che parlare oggi di alleanze (in pieno Spettacolo elettorale) è prematuro. Questa collaborazione fra parti fintamente contrapposte ci sarà, se lo richiederanno le circostanze, a urne aperte e seggi assegnati, per continuare nell’applicazione pedissequa dell’agenda euromontiana. Monti non sta togliendo le castagne dal fuoco a Berlusconi, con l’appoggio alla candidatura di Albertini in Lombardia, come sembra sospettare Bersani, il quale si scopre fino al punto di ammettere che nel dopo elezioni chiederà la collaborazione di Monti e dei centristi, accampando la scusa dell’apertura di un dialogo con le forze moderate. Monti sta interpretando la sua parte di capo del Centro abbastanza bene, respingendo le premature avances di Bersani e cercando di limitarne i quozienti elettorali, perché così mostra al suo pubblico che corre per vincere, fingendo che la corsa non è truccata e il suo esito non è predeterminato. Bersani, invece, rivela di essere un po’ imprudente, tendendo la mano a Monti e al Centro anzitempo. Rischia così di perdere i voti di coloro i quali credono che lui, con la Sinistra, rappresenti una concreta alternativa a Monti e al suo Centro. E sì che la Sinistra è maestra, non da ieri, nell’ingannare le masse, predicando talora in senso laburista (ma con molta moderazione) per poi appoggiare senza riserve o addirittura eseguire in prima persona i massacri sociali neoliberisti!
In questa campagna elettorale c’è però qualcosa che sfugge un pochino al controllo elitista-finanziario, solitamente ferreo, introducendo qualche elemento di incertezza, potenzialmente destabilizzante, nello Spettacolo.
Il primo elemento è Berlusconi stesso, già citato come capo della Destra. Berlusconi potrebbe esagerare con il populismo, rischiando involontariamente di rompere certi tabù come l’appartenenza all’unione, l’eterna permanenza nell’euro, la concordia forzata fra i popoli e i governi europei, con particolare riguardo per i rapporti con la Germania. In che circostanze lo farà? Soltanto in circostanze per lui e per il suo patrimonio totalmente sfavorevoli, o se attaccato con decisione e minacciato nei suoi interessi vitali e patrimoniali dai Signori della mondializzazione finanziaria. Sicuramente questa ipotesi non è troppo probabile, ma se si verificherà potrà dare una grossa mano alla destabilizzazione sistemica, e non certo alla stabilizzazione del potere vigente, aprendo nuovi scenari almeno per l’Italia (uscita dall’euro?).
Il secondo elemento è Grillo, che si muove con le sue liste al di fuori dell’usuale schema Destra Sinistra e Centro. Grillo, fin qui non citato perché non rientra nel copione che solitamente anima lo Spettacolo elettorale, molto difficilmente potrà conseguire quozienti tali da consentirgli di governare. Anzi, forse si piazzerà non al secondo, non al terzo, ma soltanto al quarto posto, subito dopo il Centro di Monti. In tal caso la sua opposizione parlamentare conterà ben poco, e il suo movimento rischierà in tempi brevi di finire stritolato negli ingranaggi del sistema.
Infine, quale sarà l’esito più probabile delle prossime politiche, alla fine dello Spettacolo elettorale, a meno di clamorosi imprevisti?
Per quanto si può ipotizzare al momento attuale, la Sinistra, al primo posto per voti e seggi, cercherà la collaborazione di un Centro impossibilitato a vincere, perché da sola non riuscirà a conquistare la maggioranza al senato. Berlusconi, con buone probabilità, pur sconfitto riuscirà a impedire una maggioranza troppo ampia della Sinistra (che è quel che desidera anche Monti), minacciando di trasformare in un Vietnam il senato. Così, il Centro interverrà per consentire il governo del paese supportando la Sinistra, dividendo con questa le responsabilità dell’esecutivo. Ciò significherà, nel concreto, la continuazione dell’agenda Monti, proprio come richiesto dalle entità sopranazionali euroglobaliste.
In fede

Eugenio Orso
Anatolio Anatoli
Il compagno pollpot
da pauperclass

martedì 8 gennaio 2013

Nino Galloni: “La deindustrializzazione italiana voluta da Francia e Germania” di Pier Paolo Flammini

I contrasti con Ciampi e Andreatta. La prevista esplosione del debito pubblico. La riduzione degli investimenti. La svendita degli anni ’90. Maastricht e la moneta unica. Lo spiraglio di Draghi e la sovranità da riconquistare. L’opinione dell’economista allievo di Federico Caffè.
Articolo di Pier Paolo Flammini | 9 ottobre 2012 | 12:49
L’euro, Nino Galloni e “le telefonate di Ciampi a Berlinguer e di Kohl ad Andreotti” (Riviera Oggi); Nino Galloni vi spiega tutto: la nascita dell’euro, la crisi, la nuova “resistenza” italiana. E tre soluzioni (Riviera Oggi, video); Galloni: come siamo arrivati a questo punto e come se ne può uscire (Economia Democratica); Il funzionario oscuro che faceva paura a Kohl e si oppose alla svendita italiana (video Byoblu.com)
Verità che non vengono dette. L’Italia è confinata tra i Piigs (maiali) d’Europa e il pessimismo dilagante, assieme alla corruzione e alla recessione economica, sembrano non lasciare spazio ad inversioni di tendenza.
Nino Galloni, economista, allievo del grande Federico Caffè, funzionario al Ministero del Bilancio, del Tesoro e delle Partecipazioni Statali negli anni ’80, ha vissuto gli ultimi tre decenni in modo spesso ostile rispetto ad alcune scelte che hanno indirizzato l’economia e la società italiana. La sua ricostruzione delle vicende di allora e di oggi e le soluzioni previste crediamo servano da riflessione e da base critica ai tanti politici ed editorialisti che, spesso, ignorano di quel che parlano e scrivono.
A partire dagli anni Novanta, il debito pubblico è diventato il paradigma sul quale basare la solidità di uno Stato, almeno in Europa. La vulgata popolare ritiene che il debito pubblico negli anni ’80 sia dovuto agli sprechi. Lei – e molti altri – sostengono che il raddoppio del debito pubblico negli anni ’80 sia dovuto invece al divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro.

“È vero che la giustificazione di questa scelta dell’allora Ministro del Tesoro Andreatta e del Presidente della Banca d’Italia Ciampi risiedeva nel tentativo di ridurre gli sprechi della classe politica di allora. All’epoca ero un giovane funzionario del Ministero del Bilancio e dissi naturalmente che quella scelta avrebbe portato all’esplosione del debito pubblico e alla crescita della disoccupazione giovanile anche oltre il 50%. Si perse la possibilità di emettere titoli di Stato a tassi prestabiliti, perché da quel momento i tassi li ha determinati il mercato, il che equivale a dire un ristretto gruppo di banche in via di privatizzazione che si ponevano in una condizione di ricatto verso il pubblico. Come ho dimostrato nei miei libri, passammo da tassi di interessi reali negativi (ovvero quelli nominali erano inferiori al tasso di inflazione) a tassi reali, tra il 1982 e il 1983, del 6-7%. Questo comportò delle conseguenze disastrose sul debito pubblico: non avvenne alcuna riduzione della spesa pubblica, ma ovviamente un peggioramento. Non potendo tagliare stipendi e spesa corrente, il pagamento degli interessi avvenne riducendo gli investimenti in ricerca, infrastrutture. Ecco che l’Italia iniziò ad accumulare ritardo rispetto agli altri paesi”.
Ha senso rapportare un dato flusso come il Prodotto Interno Lordo con un dato “stock” come il Debito Pubblico? Eppure tutte le politiche economiche e fiscali degli ultimi 20 anni si basano su questo “chimerico” rapporto.
“Il debito è uno stock, il Pil un flusso: alla prima lezione di economia si impara a non confondere queste due grandezze. A noi interessa, piuttosto, un altro dato flusso, la spesa per interessi sul debito. In Giappone c’è un grandissimo debito pubblico eppure gli interessi sono all’1%; in Italia invece si pagano alti interessi, nonostante abbiamo l’avanzo primario (differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli interessi passivi, ndr) più grande di tutto l’Occidente. Gli stolti si rallegrano di questo dato, perché credono sia un bene che lo Stato incassi più di quanto spenda: questo invece è l’esatto motivo per cui l’Italia è in recessione più che negli altri paesi, perché i cittadini e le imprese pagano più di quel che ricevono, e si impoveriscono”.
Il divorzio Banca d’Italia/Tesoro seguì di un paio d’anni la costituzione del Serpente Monetario Europeo. Da una parte si impedì allo Stato di finanziare a costo zero la propria spesa pubblica, dall’altra gli si impose di difendere un cambio di valuta fisso o quasi. Ci sono relazioni tra questi due eventi, poi culminati in Maastricht e nell’euro?
“Sicuramente entrambe le misure sono collegate, e rientrano in un contesto storico occidentale in cui si voleva rendere responsabili gli Stati rispetto alla propria bilancia dei pagamenti. Fino agli anni Settanta, ad un aumento della spesa pubblica si verificava un incremento della forza lavoro ma poi, a causa del cambiamento delle attitudini di consumo, ad un aumento della spesa pubblica corrispose un aumento delle importazioni di beni esteri (anche perché non vi era più il sistema regolatorio di Bretton Woods). Si creavano così disavanzi commerciali con la conseguenza di un aumento dei tassi di interesse, per attrarre capitali che bilanciassero il disavanzo. Le due scelte (divorzio e Sme) furono il preludio al Trattato di Maastricht, all’euro e alla perdita di sovranità”.
Lei afferma che questa crisi non è ciclica, ma sistemica: si tratterebbe della fine del sistema nato negli anni ’80, ovvero della globalizzazione incentrata sulle esportazioni, perché non sostenibile nel lungo periodo. Secondo lei si dovrebbe andare verso un sistema di tipo protezionistico?
“Non credo nel protezionismo, ma bisogna raggiungere un sistema in cui si cerca di sviluppare la domanda interna con un import/export più moderato. La bilancia commerciale deve tornare ad essere più equilibrata perché non è matematicamente possibile che tutti gli Stati del mondo siano in surplus commerciale. Questo è stato uno degli effetti perversi di questa globalizzazione in cui vincono i più furbi, ovvero chi pratica prezzi più bassi soprattutto nel settore del lavoro. Sarà molto interessante sapere quale sarà la decisione di politica economica del Partito Comunista Cinese, che potrebbe proprio riconvertire l’economia cinese verso l’interno anziché l’estero”.
La de-industrializzazione italiana e la crisi attuale si spiegano soltanto con le questioni monetarie e le politiche economiche pubbliche, o vi è anche – come sostengono i neoliberisti – un ritardo nell’innovazione dell’imprenditoria italiana?
“Non è che gli imprenditori italiani all’improvviso abbiano smesso di saper fare il proprio mestiere. Ci sono delle cause che hanno provocato il ritardo di una parte dell’imprenditoria italiana, e non viceversa come qualcuno sostiene. Nell’ordine: 1) l’accordo per l’unificazione monetaria voluto da Francia e Germania al tempo di Maastricht mirava alla de-industrializzazione dell’Italia; 2) la svendita del patrimonio pubblico e delle partecipazioni statali avvenuta negli anni ’90 ha provocato un indebolimento della struttura economica nazionale, a beneficio del lucro di qualcuno; 3) un sistema bancario che non funziona più come in precedenza e non sostiene le imprese, e per questo occorre ripristinare la Glass-Stegall per evitare che banche siano attratte dalla speculazione finanziaria anziché dall’economia reale; 4) la perdita della sovranità monetaria ha colpito la capacità dello Stato di creare infrastrutture senza dipendere esclusivamente dai privati; 5) e quindi lo Stato ha cessato di essere un elemento “amico” delle imprese, il che sarebbe la sua funzione basilare nel sistema economico”.
Possiamo dire alle famiglie che i tagli alla scuola, alla sanità, le tasse, l’Imu, insomma tutta “l’austerità” deriva non da scelte obbligate, ma da scelte consapevoli delle élite franco-tedesche in particolare, ma anche italiane?
“Credo sia una approssimazione rischiosa. I tagli e le tasse sono una scelta deliberata del governo attuale il quale crede erroneamente che vi possa essere una ripresa dell’economia con tagli alla spesa pubblica e quindi incidendo sui redditi delle famiglie. Ovviamente queste scelte conducono ad una recessione”.
Lei sostiene che occorre uscire dall’euro il prima possibile? O si rischia anche di innescare politiche nazionalistiche? Molti temono che l’uscita dall’euro significhi una austerità ancor maggiore, ma senza solidarietà extra-nazionale.
“L’euro può anche essere trasformato in una vera moneta sovrana. Se ad esempio si ritiene che gli Stati debbano essere in pareggio di bilancio, la Banca Centrale Europea potrebbe spendere tranquillamente a deficit per coprire le spese necessarie agli investimenti pubblici produttivi. Naturalmente dovrebbe essere una moneta sovrana, non ancorata al debito pubblico in questo caso europeo, perché altrimenti si riprodurrebbero gli stessi problemi che abbiamo attualmente a livello nazionale”.
La Banca Centrale Europea ha per obiettivo il contenimento l’inflazione. Ma è possibile che rifinanziando la spesa pubblica, si crei iper-inflazione? O è un falso mito?
“Occorre dire che la Bce aveva un solo obiettivo, ovvero la lotta all’inflazione. Draghi ha dimostrato che si possono fare politiche diverse, anche se per ora solo a favore delle banche. C’è stata l’apertura alla possibilità che la Bce acquisti titoli di Stato, e quindi questa mossa andrà sfruttata politicamente affinché si possa passare a degli investimenti pubblici che aiutino le imprese. Queste operazioni della Bce possono causare iperinflazione se vengono attuate a favore della finanza speculativa, come con i derivati, che rischiano di creare masse monetarie enormi senza ricadute sulla produzione reale. Se invece sono impiegate per la spesa pubblica e gli investimenti non vi è alcun rischio perché l’immissione di denaro sarebbe immediatamente mitigata da un aumento della domanda e della produzione”.
Lei era un funzionario statale al tempo della Prima Repubblica. Quello che afferma, però, sembra eretico se confrontato con la discussione sulla stampa nazionale e nella politica dove vige il pensiero unico neoliberista. Come è stato possibile tutto ciò?
“Le mie posizioni erano molto note già negli anni ’80, avevo un piccolo ruolo nella Democrazia Cristiana ma anche altri partiti mi vedevano come un punto di riferimento per le mie visioni economiche alternative. Ricordo bene come Mario Schimberni, socialista, mi chiese un approfondimento riguardante le mie tesi monetarie, valutandole come alternative a quelle di Ciampi e Andreatta, ma poi il mio lavoro fu fatto marcire in un cassetto nonostante seppi poi che piacquero all’allora vicepresidente di Bankitalia, Antonio Fazio. Ma lo seppi solo nel 1990, quando Fazio si congratulò con me per la mia nomina di direttore al Ministero del Lavoro”.
Il suo intervento al Summit Mmt di Rimini, lo scorso febbraio, fu molto apprezzato. Ritiene che le ricette degli economisti americani della Mmt possano aiutare l’Italia e il Sud Europa?
“Le loro proposte conducono a soluzioni molto utili e praticabili. Occorre stare attenti a non ripetere gli errori del keynesismo classico, quando si rischiò di dare incentivo alle importazioni; inoltre bisognerebbe approfondire le tematiche relative ai rapporti di lavoro. C’è poi un rischio, sottolineato da Lidia Undiemi, ovvero il pericolo che tutto venga ricondotto alla monetarizzazione degli squilibri finanziari come unica causa del malessere dell’economia e della società, senza poi incidere sulle cause strutturali di queste derive”.
http://www.rivieraoggi.it/2012/10/09/151896/nino-galloni-la-deindustrializzazione-italiana-voluta-da-francia-e-germania/
Così come Berlusconi si dimise senza un voto di sfiducia del Parlamento, ugualmente Monti si è dimesso senza un voto di sfiducia del Parlamento.
Napolitano annunciò la data delle elezioni anticipate quando il Parlamento non era ancora dissolto e il governo era ancora in carica.
Il fatto che le scelte politiche cruciali avvengano senza tener conto del Parlamento che dovrebbe esprimere la sovranità popolare, conferma che siamo già in un contesto estraneo alla democrazia sostanziale.
L’insieme delle istituzioni non sono più rappresentative della volontà popolare. Il Parlamento è formato da deputati e senatori designati, non essendoci più il voto di preferenza, ciò che fa venir meno il fulcro della democrazia sostanziale, ovvero il rapporto fiduciario tra l’elettore e l’eletto. Il capo dello Stato è designato da un Parlamento di designati. E il capo del governo è stato calato dall’alto dai poteri finanziari globalizzati.
Quando il 16 novembre 2011 Monti giurò sulla Costituzione di «esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione», giurò il falso.
Quel giorno Monti era ancora consulente internazionale della Goldman Sachs, la più grande e potente banca d’affari al mondo; membro del Consiglio Direttivo del «club Bilderberg», il salotto più esclusivo dei potenti della finanza e dell’economia nel mondo; presidente del gruppo europeo della «Commissione Trilaterale»; membro del «Comitato consultivo di alto livello per l’Europa» di Moody’s, una delle tre maggiori agenzie di rating al mondo. Soltanto 9 giorni dopo, il 24 novembre, con un dispaccio dell’Ansa delle 11.36 dal titolo «Monti lascia la Bocconi e altri incarichi», abbiamo appreso che «Monti ha lasciato poi tutti gli incarichi che ha come consulente Goldman Sachs, presidente europeo della Trilaterale e nel comitato direttivo Bildelberg».
Ebbene è del tutto evidente che l’interesse nazionale dell’Italia non coincide, all’opposto confligge, con quello delle istituzioni finanziarie globalizzate che hanno creato il cancro dei titoli derivati tossici, che ammontano a 787mila miliardi di dollari pari a 12 volte il Pil mondiale, il cui interesse è di riciclare questo denaro virtuale mettendo le mani sull’economia reale e sulle imprese che producono beni e servizi. E se la mafia, per riciclare il denaro sporco frutto di attività illecite, le basta avere a disposizione singoli politici, dirigenti pubblici e imprenditori, la speculazione finanziaria globalizzata per riciclare un ammontare stratosferico di titoli spazzatura deve controllare direttamente i governi degli Stati.
Il fatto che Monti sia espressione di queste istituzioni finanziarie è stato da lui stesso ammesso. Il fatto che queste istituzioni siano responsabili della speculazione finanziaria è assodato. È un dato di fatto che il primo anno del governo Monti corrisponde alla perpetrazione del crimine dell’uccisione della democrazia sostanziale.
Così come stiamo assistendo alla perpetrazione del crimine della spogliazione totale della sovranità dell’Italia vincolando qualsiasi governo a sottomettersi alle imposizioni del Trattato europeo di stabilità finanziaria. La conseguenza è che si sta perpetrando il terzo crimine della trasformazione di uno Stato ricco in una popolazione povera e di imprese creditrici in imprenditori falliti.
Sono questi gli ingredienti manifesti e indubbi della congiura ai danni dell’Italia e degli italiani.
Lo “stato” parassitario non promette nulla di buono!
Tratto da Stampa libera

giovedì 3 gennaio 2013

Libertà e Indipendenza per l'Italia di gianni lannes

LIBERTA’ E INDIPENDENZA PER L’ITALIA






Se essere italiani significa far finta che da noi la democrazia sia viva e vegeta, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa omettere che la Costituzione repubblicana ed antifascista sia stata congelata dal Trattato di Lisbona, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa ignorare le clausole segrete dell’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943), lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa tacere sui crimini mondiali del padrone USA, (sedicente alleato), lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa essere militaristi, filosionisti ed angloamericani, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa digerire l’affermazione che la guerra ambientale è un’invenzione complottista, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa non vedere coi propri occhi che nei cieli del Belpaese ogni giorno va in onda l’aerosolterapia bellica della Nato che ci avvelena, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa negare ai massimi livelli istituzionali che centinaia di bombe atomiche targate USA stazionino da anni sulla nostra terra, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa far finta che le sperimentazioni militari sulle nostre vite siano una barzelletta, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa non sapere che lo Stivale è imbottito di basi militari straniere (USA-Nato) da cui partono le guerre, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa dimenticare che i partiti hanno occupato i gangli vitali dello Stato succhiando linfa vitale alla Nazione, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa solo farsi tassare fino al midollo, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa solo accettare di essere trattati peggio degli analfabeti, quando si vota per mettere una croce su candidati imposti dal Potere, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa nascondere l’inesistenza di una classe dirigente all’altezza dei tempi, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa giustificare i privilegi, le malversazioni ed il condizionamento sull'Italia dello Stato del Vaticano, già riciclatore di denaro mafioso ai tempi di monsignor Marcinkus, lascio questa italianità a Voi.

Se essere italiani significa tacere che il sistema in cui viviamo è basato sulla menzogna sistematica e sull'impunità ininterrotta dell’Autorità, lascio questa italianità a Voi.


L’Italia è alla deriva: milioni di leggi e nessuno diritto. Fine della democrazia già da un bel pezzo.

Siamo noi che accettiamo di essere sfruttati da questo branco di politicanti d’accatto, malfattori per conto terzi.

Siamo noi che accettiamo di essere controllati, ispezionati e maltrattati. In fondo, l’oppressione cova dentro di noi.

Ma c’è ben altro che inquieta e disgusta, a parte il servilismo dilagante. In effetti, il sistema di potere ci vuole docili e obbedienti, tutt’ al più consumatori voraci. Pensiamo tanto al futuro che dimentichiamo di vivere il presente.

Calpestano quotidianamente i nostri diritti, quelli dei nostri figli e dei nostri genitori e familiari. Noi? Zitti e muti.

Siamo in uno Stato di Polizia, non più di diritto, dove la democrazia viene demolita ogni giorno nei piani alti.

Il Popolo italiano sembra sia stato privato degli anticorpi, vale a dire della capacità di reagire a questa deriva.

Che fare? Provocare il risveglio delle coscienze.  E’ l’ora di proteggere l’Italia da qualsiasi attacco esterno ed interno.

Allora? Una marcia di Pace, nonviolenta al fine di paralizzare la Penisola. Uno sciopero ad oltranza in ogni paese e città. Ci fermiamo per giorni, settimane, mesi. Dovranno per forza capitolare. Non c’è più tempo per fuorviare il discorso.

All’opera, uniti, partigiani e patrioti, per una nuova Costituente, senza distinzioni, senza divisioni.
In politica, ormai, centro, destra e sinistra non esistono più.

La storia insegna: sono le minoranze attive a dirigere gli eventi, insomma, a fare appunto la storia. 
La lotta per restituire libertà e indipendenza al Nostro Paese è appena iniziata. Sta a noi andare fino in fondo.
Altrimenti sono parole, anzi, chiacchiere morte ed insepolte.