lunedì 8 ottobre 2012

PETROLIO IN MARE: di Gianni Lannes dal sito su la testa

PETROLIO IN MARE:
LE “BALLE” DI VENDOLA

Vendola, Introna e Losappio.


di Gianni Lannes

Esistono due Vendola: Nichi & Nicola; l'uno non sa quello che fa l'altro e non ne risponde. «Il nostro petrolio è il mare blu, è il sole di Puglia, sono le coste del Mediterraneo. Non è più accettabile che la modernità offuschi la bellezza. Rimettiamo la bellezza al centro del modello di sviluppo, promuovendo la nostra idea di bellezza». Così il governatore della Regione Puglia Nichi Vendola. Vendola ha voluto chiarire   la contrarietà della Puglia alla trivellazione del mare alla ricerca di giacimenti petroliferi. «Se qualcuno pensa che l'Adriatico possa essere un campo aperto noi diciamo no. Non abbiamo bisogno di trivelle”, ha detto, spiegando che va preservato il rapporto terra-mare che appartiene ai pugliesi e che alla base del successo turistico,  frutto del talento ma anche all’incrocio di diverse tematiche».  Forse il governatore Nichi Vendola non sa quello che fa il presidente Nicola Vendola.  Demagogia allo stato brado: purtroppo la realtà è un’altra.


Doppiogioco vendoliano  - C’è un equivoco di fondo alimentato ad arte dal governatore Nichi.  E’ pur vero che esiste una normativa a maglie larghe che concede un grande potere allo Stato in materia ambientale, una facoltà che si esprime soprattutto nel rafforzare i vincoli relativi alla ricerca di idrocarburi escludendo ogni peso politico locale. La recente ratifica del decreto 83/2012 poi legge 134 datata 7 agosto 2012, che  mostra la volontà del governo di sfruttare i mari italiani per scopi energetici a favore di multinazionali straniere, non riconosce alcun peso alle mobilitazioni popolari. Una normativa  che introduce  elementi peggiorativi rispetto al Decreto legislativo  128/2010 che limita ogni intervento di ricerca a 12 miglia dalle coste protette, ridotte a 5 miglia lì dove non viene riconosciuto alcun elemento di pregio naturalistico.

Le istanze di permesso di ricerca e i permessi di ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi presentati al Ministero dello Sviluppo economico hanno incontrato anche il parere favorevole della Regione Puglia. Prendiamo in esame  la multinazionale Northern Petroleum che ha nuovamente inoltrato a metà marzo  gli atti al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del  "Progetto Definitivo e dello Studio di Impatto Ambientale comprensivo della Valutazione di Incidenza e la Sintesi non Tecnica" relativi al progetto criminale di "PROSPEZIONE GEOFISICA 3D ADRIATICO MERIDIONALE, NELL'AMBITO DEL PERMESSO DI RICERCA F.R39NP, F.R40.NP" con riferimento  al tratto di mare tra Polignano a Mare ed Otranto, nonostante una sentenza sospensiva del TAR  depositata il 23 giugno 2011 che annulla il decreto del Ministero dell'Ambiente.  Il progetto, elencato nell'Allegato II - "Progetti di competenza Statale" del D.Lgs. 152/2006 al punto 7 - "Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare", consiste in una prospezione geofisica 3D su una superfice di circa 860 chilometri quadrati). Ebbene, nonostante le dichiarazioni pubbliche di dissenso, il primo permesso di ricerca è stato accordato con il beneplacito del governo Vendola  (21 giugno 2007, aree F39- F40) a riprova dell’interesse verso gli  effetti economici sul territorio del settore idrocarburi che dovevano configurare la Puglia come il nuovo Texas  d’Europa.

Nel 2008 con il beneplacito di Vendola l’assessore all’ambiente Onofrio Introna,  diede il via libera all’Eni ad operare ricerche nel Golfo di Taranto (Mar Grande), ponendo un’unica condizione: “purché ci siano le procedure per minimizzare l’impatto con i mammiferi marini.

Il 31 marzo 2009 con il protocollo 4150 la regione Puglia  espresse parere favorevole alla Northern Petroleum Itd e, successivamente, il 15 ottobre 2009  venne conferito il permesso di ricerca di idrocarburi dl 49 F.R.-.NP:  25 chilometri ad Est di Monopoli per una superficie di 735,7 chilometri quadrati. La popolazione locale non rimase inerme come testimonia la manifestazione del 23 gennaio 2010, alla quale parteciparono furbescamente Vendola, Introna & Losappio per aprire la campagna elettorale.  La volontà politica va da un’altra parte nonostante i proclami pro-ambiente, non si spiegherebbe altrimenti la ripresa, il 7 luglio 2011, delle trivellazioni nel mar grande di Taranto, nonostante il decreto 128 del 2010. Gli ambientalisti a Taranto  ed in tutta la Puglia, teleguidati da Legambiente (già al soldo dell’Eni) tacciono. Perché? Una semplice distrazione o c’è dell’altro?

Far West Appulo - Talmente irrisorio è il peso del malcontento popolare che alcune società petrolifere Shell, Northern Petroleum, Canada Northwest, Consul Service, Nautical Petroleum Transunion, Petroceltic International sono state indotte a presentare richieste per la ricerca petrolifera nei mari Adriatico e Jonio.  Attualmente in Puglia sono stati già accordati due permessi di ricerca di idrocarburi in mare ed uno sulla terraferma; sei concessioni di coltivazione (la produzione vera e propria) in mare e 15 sulla terraferma. Le zone interessate sono quelle denominate "D" ed "F" ovvero, nel loro complesso, tutta l'area costiera della Puglia, dal Gargano al Salento (la zona "D" è quella che si estende nel Mare Adriatico a sud del 42° parallelo e nel Mare Ionio fino allo stretto di Messina; si tratta dell’area più vicina alla costa; la zona "F" ricalca lo stesso percorso della "D" ma più al largo). La zona interessata da queste attività si estende in tutto per 1.407,01 km quadrati. Il primo permesso, codice “d 1 F.P-.SP”, richiesto dalla Spectrum Geo Limited, interessa una superficie di mare di 16.300 chilometri quadrati, che va dal Gargano fino al Canale d’Otranto. Il secondo permesso, codice “d 2 F.P-.PG”, richiesto dalla “Petroleum Geo Service Asia Pacific”, interessa una superficie di mare di 14.280 chilometri quadrati, anch’esso dal Gargano fino a Santa Maria di Leuca.  Tali istanze di permesso di prospezione in mare vengono citate  espressamente nel Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse del 31 maggio 2012 (a pagina 31). Non dimentichiamo le numerose autorizzazioni concesse dalla Giunta Vendola alle ricerche e perforazioni sulla terraferma dal 2006 al 2012. All'insaputa di 4 milioni e passa di pugliesi, per ordine dell'ecologista di Terlizzi, ossia Nicola Vendola è stato ipotecato dall'industria dell'oro nero buona parte del territorio regionale: il Tavoliere delle Puglie, metà provincia di Bari e l'intera provincia di Taranto.

Una corsa all’oro nero di bassa qualità (“petrolio amaro”), che si giustifica con il raggiungimento del  picco massimo per cui le riserve mondiali si stanno riducendo e le  società petrolifere si stanno orientando verso l’Artico o verso zone vergini come il Mediterraneo, coadiuvati da governi accomodanti e da un sistema guidato dal profitto economico. Günther Oettinger, Commissario Europeo per l’Energia, ha dichiarato: «Oggi, la maggior parte della produzione di idrocarburi in Europa si svolge offshore, spesso in condizioni geografiche e geologiche molto difficili. Data la continua crescente domanda di energia, dovremo far ricorso a tutte le riserve di gas e petrolio che giacciono nei nostri fondali marini. Dobbiamo però evitare che si ripetano catastrofi come quella della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. È imperativo garantire che l’industria del settore operi secondo le migliori pratiche».

Bollettino idrocarburi (maggio 2012)

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